Il procuratore federale Giuseppe Chinè ha sulla sua scrivania un fascicolo sulle plusvalenze riguardante le operazioni effettuate dalla Roma sotto la gestione James Pallotta, precedente dunque all’acquisto della famiglia Friedkin del club giallorosso.
Secondo quanto riportato da La Gazzetta dello Sport, il fascicolo aperto dalla Procura FIGC prende spunto dall’indagine della Procura di Roma, che ha rinviato a giudizio diversi ex dirigenti giallorossi. Le operazioni contestate risalgono al periodo 2018-2020 e riguardano presunte plusvalenze gonfiate per circa 60 milioni di euro, a fronte di un valore reale stimato di 39 milioni.
Tuttavia, è importante sottolineare che per ora non c’è alcun deferimento sportivo: la Procura FIGC sta solo studiando le carte, e le indagini dovrebbero concludersi entro fine aprile. La giustizia sportiva ha criteri diversi rispetto a quella ordinaria, e per dimostrare il dolo servono prove concrete, come intercettazioni o documenti che dimostrino l’intenzionalità di falsificare i bilanci. Inoltre, la famiglia Friedkin non ha alcuna responsabilità diretta.
Precedenti e possibili scenari
Il precedente del primo processo sulle plusvalenze del 2022 gioca a favore della Roma: in quell’occasione furono assolti tutti gli 11 club coinvolti, proprio perché non era possibile determinare con certezza il valore oggettivo di un calciatore.
Gli scenari possibili sono due: se non emergono nuove prove, la vicenda potrebbe chiudersi senza alcun procedimento sportivo; se invece si arrivasse a un deferimento, le sanzioni potrebbero andare da una semplice multa a una possibile penalizzazione di punti o esclusione dalle coppe, ma solo in caso di colpevolezza accertata e dolo comprovato.
Cosa rischia davvero la Roma?
Ad oggi, il rischio concreto è basso. Bisognerà aspettare la fine delle indagini della FIGC, ma considerando che si tratta di una gestione passata e che le plusvalenze restano un terreno scivoloso da dimostrare, la Roma potrebbe anche uscire indenne da questa vicenda.