Il presente vede un Ranieri che ha subito capito quanto difficile sarà risollevare la squadra dopo un’inizio di stagione da brividi, il passato invece un Daniele De Rossi cacciato troppo presto da una Roma che poteva con lui costruire qualcosa di bello. Essendo ancora sotto contratto, chissà che un giorno DDR possa tornare a casa sua, ma nel frattempo è stato ospite al Maaxi della capitale di Sport Talk Industry, evento nel quale ha parlato anche il sindaco Gualtieri della questione stadio. Poche dichiarazioni sui giallorossi, ma qualcosa in generale sulla sua esperienza da allenatore l’ha detto.
“Le doti che servono ad allenare una squadra? L’altruismo, lo era da calciatore e lo è anche adesso. Alla Spal ero visto come un oggetto non identificato, mi vedevano come un ex calciatore e dovevo trovare la chiave giusta per essere credibile, per dirgli che erano più importanti di me. Nella Roma sono entrato da bandiera ed ero un amico per molti, anche lì bisognava essere vicino a loro ma non dargli troppo spazio. Bisogna saper accompagnare gli umori di staff e giocatori. Insieme alla conoscenza calcistica la parte mentale è troppo importante; la gestione del gruppo è fondamentale“.
Totti, Seedorf e Gasperini
Che non potesse troppo sbottonarsi De Rossi sul tema Roma era abbastanza ovvio, e i temi toccati sono stati più altri: “Il più grande allenatore degli ultimi anni è Gasperini, ha cambiato la vita a una città e a un club. Non ha solo vinto ma a cambiato dimensione. Però è diventato affascinante dopo l’Europa League, a volte i trofei li perdi per un rigore o un episodio e ti giudicano in maniera diversa. Questo è un peccato. Oggi chi lo critica ci pensa due volte, e lo stesso è successo a Spalletti dopo lo scudetto col Napoli”.
Classica chiosa poi sui giocatori più rappresentativi nella carriera di De Rossi: “Il più affascinante con cui ho giocato? Con Totti ho giocato tanti anni. Oltre ad essere il più forte aveva anche questa luce, questo carisma silenzioso. Parlava coi gesti e c’era sempre quando eri in difficoltà. L’ho vissuto da tifoso e da compagno. Un avversario invece scelgo Zidane, sembrava cupo ma era bello a vedersi. Il più difficile da marcare? Seedorf. Era più intelligente, tecnico e più forte fisicamente di me. Mi ha fatto venire qualche linea di febbre dopo che l’ho affrontato”.