Nel cuore dell’erba di Wimbledon, tra sogni che si rincorrono e storie che si intrecciano, c’è anche un po’ di Roma. Flavio Cobolli, numero 24 del ranking ATP e tifoso giallorosso dichiarato, si prepara al suo prossimo match contro Mensik. Ma prima di scendere in campo, si racconta. E nel suo racconto, la passione per il tennis si mescola inevitabilmente con quella per la Roma e con la vita, fatta di momenti che lasciano un segno.
“In autostrada per Federer-Djokovic. Io? Mi fermo solo per la Roma”
Wimbledon per lui non è solo un torneo. È qualcosa di più. Un punto di partenza e di ritorno, come certi ricordi che si scolpiscono nel tempo. “La finale tra Federer e Djokovic del 2019 mi ha rapito”, confessa con un sorriso che lascia trasparire ancora emozione. “Tornavo a casa dopo una sconfitta da junior. Mi sono fermato in un’area di sosta, volevo solo vedere un attimo il quinto set. Alla fine sono rimasto lì, incollato al video, per un’ora e mezza. Non mi succede mai: io il tennis lo guardo poco, magari mi fermo per una partita della Roma, ma per il tennis quasi mai”.
Un episodio che parla da sé. Di come certi attimi, anche i più semplici, possano accendere la scintilla giusta. E di come in fondo, anche in un campione, ci sia spazio per la meraviglia.
L’amicizia con Bove e una maturità che nasce dal dolore
Il volto di Cobolli, oggi, racconta anche una consapevolezza diversa. Negli ultimi mesi è cresciuto, dentro e fuori dal campo. E una parte di questo cambiamento ha un nome ben preciso: Edoardo Bove. I due sono amici stretti, legati da un rapporto autentico che ha superato anche il dolore.
“Quello che è successo a Edoardo mi ha scosso profondamente”, dice Cobolli con voce seria. “Da quel momento, il nostro rapporto si è rafforzato tantissimo. E io ho iniziato a guardare tutto con occhi diversi. A dare più peso a quello che faccio, a quello che mi circonda. A capire che sono davvero fortunato a poter fare questo lavoro. E soprattutto, a stare bene”.