Continuino pure alcune malelingue a dire che l’Olimpico non è un fattore, che i tifosi più belli del mondo (fateci essere un po’ di parte) siano “normali” per un ospite che giunge nella capitale, eppure l’effetto che il popolo giallorosso fa alla Roma è sotto gli occhi di tutti. Serviva una serata magica, da squadra vera, e questa è prontamente arrivata all’ombra del Colosseo. Una vittoria cercata, voluta e meritata per ciò che il campo ha mostrato, contro un Porto che ha messo sul piatto le armi a sua disposizioni, inferiori ad una Magica che, per differenza di valori, poteva, e forse doveva, soffrire un po’ meno di quanto fatto.
In un contesto come la gara di ritorno di un play-off di Europa League, di fatto una finale visto il nullo 1-1 dell’andata, gli errori, comunque sottolineati da Ranieri nel post partita, passano momentaneamente in secondo piano rispetto ad una prestazione convincente sotto molti aspetti. Gioco, cuore e grinta gli ingredienti principali di un piatto vincente, perfettamente amalgamati dalla salsa Dybala, tanto morbida e delicata quanto potente, efficace e mozzafiato. Il 3-2 al Porto ha messo a nudo i tanti pregi della Roma come i difetti che ora andremo ad analizzare, ma una cosa conta ed è certa: i giallorossi sono agli ottavi di finale.
Joya per gli occhi e scivolone Svilar: il primo tempo
Il canovaccio della partita sembra subito abbastanza chiaro sin dalle prime battute di gioco: Roma in cerca del varco giusto movendo la palla sugli esterni e cercando le imbucate per Dybala e Pellegrini, Porto arroccato in difesa, con un 3-4-2-1 speculare ai giallorossi, pronto a cercare Omorodion sul corpo e a sfruttare gli inserimenti di Pepe su tutti. È proprio quest’ultimo infatti, dopo qualche pallone interessante per Shomurodov in aria, a mettere in difficoltà Celik un paio di volte attaccandolo alle spalle.
A metà primo tempo però ecco lo scivolone di Svilar, e primo o poi doveva arrivare un errore da quel portiere che tante volte ha tolto alla Roma le castagne dal fuoco: passaggio sbagliato a Paredes, in nome di una costruzione dal basso a volte esasperata, chiusura sui primi due tentativi del Porto ma nulla da fare sulla bellissima rovesciata di Omorodion, che castiga i giallorossi. Gli elogi alla banda di Ranieri partono proprio da qui, dalla reazione e maturità dimostrata dopo lo 0-1.
La Roma non si scompone, torna a produrre gioco e si prostra ai piedi di un Dybala monumentale. Prima l’uno-due con Shomurodov con tocco delizioso d’esterno, poi il sinistro secco dal limite dell’area, a chiudere sul primo palo, che non lascia scampo a Diogo Costa, e i giallorossi si ritrovano improvvisamente in vantaggio in 5 minuti e con gli ottavi di finale in tasca. Una Joya per gli occhi, niente di più, e c’è tempo anche per un salvataggio sulla linea di Otavio su N’Dicka prima del tramonto su 45 minuti dominati.
Pisilli e brividi: il secondo tempo
La seconda frazione sembrerebbe mettersi in totale discesa quando Eustaquio reagisce alla spallata di Paredes, sferrandogli un pugno al petto e guadagnandosi la doccia anticipata, ma l’autolesionismo della Roma è qualcosa di difficilmente spiegabile. Tra errori sotto porta e fuorigiochi, Shomurodov non trova il gol della sicurezza, e ancora una volta sul rilancio lungo di Diogo Costa, proprio come all’andata, la difesa è mal posizionata: Omorodion lavora il pallone, follia di N’Dicka che va morbido sul contrasto e attaccante spagnolo che colpisce il palo a tu per tu con Svilar.
Brividi lungo la schiena di un popolo giallorosso che può tornare a rilassarsi al 37′, con Pisilli che chiude il match spingendo in porta il servizio di un puntuale Angelino, ancora una volta uno dei migliori. Ma perché non far vivere con apprensione anche gli ultimi istanti del match? Infondo è della Roma che stiamo parlando… In pieno recupero l’autogol di Rensch fa alzare le braccia al cielo a tutti i tifosi, della serie “ma guarda se mi tocca soffrire anche negli ultimi secondi prima di alzarmi dal seggiolino”, ma di pericoli non ce ne saranno più.
Esterni, Mancini e pure Shomurodov: e con un Dybala così…
Se Anselmi era arrivato al Porto con l’etichetta de “Il nuovo Bielsa”, il gioco espresso in queste due gare non ha di certo ricalcato il credo del Loco, visto che i lusitani si sono dimostrati sicuramente squadra ostica e rognosa, ma ancorata alla palla lunga per Omordion in cerca di inserimenti e seconde palle. Non è stato comunque facile per la Roma sbrogliare il bandolo della matassa, e ci è riuscita anzitutto con il solito lavoro certosino degli esterni.
Più sacrificio da parte di El Shaarawy, in aiuto a Celik su Pepe, spinta costante di Angelino, sempre proiettato in avanti e autore dell’assist per il gol della sicurezza di Pisilli. La sinergia con i trequartisti è ciò che sta permettendo alla squadra di essere pericolosa: Pellegrini è abile ad inserirsi tra centrale e terzino o ad abbassarsi, proprio per dare più spazio possibile alla corrente spagnola sulla sinistra, mentre Dybala è libero di trovarsi la posizione anche più esterno, tant’è che così vengono fuori i due gol.
La qualità della Joya fa poi il resto, perché si può parlare di tattica e idee di gioco fino alla noia, ma come da primissime parole pronunciate da Ranieri ai microfoni di Sky Sport nel post gara: “Avere grandi giocatori aiuta”. In una Roma che, bene o male, ha visto quasi tutti sopra la sufficienza, due menzioni speciali: una per un Mancini ormai leader per prestazioni e temperamento, un giocatore maturato anche nell’atteggiamento con arbitro e compagni; la seconda per Shomurodov, sicuramente non un killer d’area di rigore ma comunque applicato, utile alla squadra difficile da leggere per i difensori avversari.
Derby scongiurato, riecco l’Athletic Bilbao
Se già al sorteggio dei play-off i giallorossi non avevano di certo esultato, con il Porto invece del Ferencvaros, si sapeva che l’avversario sarebbe stato a prescindere di livello negli ottavi di finale. Scongiurato però un derby che, a sensazione, volevano tutti evitare, consapevoli del carico emotivo che avrebbe portato nella capitale una stracittadina europea. La Lazio imbocca un percorso decisamente agevole, che inizierà con il Viktoria Plzen, mentre per la Roma riecco l’Athletic Bilbao.
L’avventura giallorossa nel nuovo format dell’Europa League si aprì proprio con la sfida ai baschi nella prima giornata, per quella che è stata la seconda panchina di Juric dopo la vittoria per 3-0 sull’Udinese. All’Olimpico finì 1-1, con tanti rimpianti, per una partita a lungo in mano della Roma e pareggiata dagli ospiti a 5 minuti dalla fine con il colpo di testa di Aitor Paredes. In quell’occasione la squadra di Valverde apparve per nulla irresistibile, ma tante cose sono cambiate: Bilbao attualmente 4° ne LaLiga, che avrà il ritorno San Mames e che ha l’incentivo in più di avere la finale della competizione nel proprio stadio.