La stagione della Roma si è appena conclusa, dopo diverse peripezie. La prima di queste è stata senza ombra di dubbio l’inatteso esonero di Daniele De Rossi, avvenuto ad inizio stagione dopo aver raccolto solo 3 punti in 4 giornate. L’ex Capitan Futuro ha parlato ai microfoni del Corriere della Sera di quel momento: “Ai Friedkin rimprovero di non avermi parlato prima di prendere una scelta così drastica. Anch’io, però, avrei dovuto alzare più spesso la cornetta dato il rapporto che avevamo. Li continuerò a ringraziare per avermi fatto allenare la mia squadra del cuore. La decisione finale è stata loro ma tanto indirizzata anche da chi non c’è più e che non ha lavorato per il bene del club“.
Il 41enne ha proseguito: “Avevamo impostato un progetto di lungo periodo. Nella mia testa c’era l’idea di crescere insieme ad una squadra giovane ed alcuni calciatori più esperti, con l’obiettivo di lottare per lo Scudetto nel 2027. So che nel calcio senza i risultati il tempo non te lo dà nessuno ma è stato accantonato tutto troppo presto. Le stagioni ormai cominciano a metà agosto. Abbiamo fatto il ritiro con 16 Primavera, il mercato aperto e la squadra da costruire. Gli ultimi 4/5 acquisti li ho allenati per qualche giorno. Aver lasciato la società così presto mi concede la possibilità di riprovarci un giorno”.
Roma, De Rossi: “Non è facile gestire figure ingombranti come Totti”
Daniele De Rossi si è poi soffermato su Claudio Ranieri: “Non ho mai pensato che anch’io avrei potuto raggiungere gli obiettivi del mister, ogni tecnico è diverso. La sua intelligenza, il pragmatismo e l’esperienza sono stati aspetti fondamentali in quel periodo. Le mie emozioni vedendo le bandiere all’Olimpico contro il Bilbao non sono state inferiori alle sue. Sarei voluto essere in mezzo a quel mare giallorosso”.
Il classe 1983 ha concluso: “Alla Roma ho lasciato un gruppo sano, una dedizione al lavoro ed alcune intuizioni. Capitano a tutti i tecnici, ma non bisogna ricordare solo ciò che ci fa comodo. Avrei puntato sul rilancio di Moise Kean ma ho anche detto no a Mateo Retegui. Totti? Capisco la ritrosia dei presidenti quando si avvicinano alle bandiere dei club. Non è facile gestire figure così ingombranti: ti danno lustro ma se vanno via lo stadio ti si rivolta contro”.
De Rossi: “Luis Enrique è un allenatore credibile”
L’ex centrocampista ha poi parlato della finale di Champions League tra PSG e Inter: “Non si sa mai cosa esce da una finale, anche l’ultima dell’Inter fu imprevedibile e oggi magari viene da pensare che il PSG sia favorito, ma negli ultimi anni l’Inter è diventata bellissima da veder giocare. Luis Enrique? A me piacciono gli allenatori credibili, lui lo è perché crede nelle proprie idee, calcistiche e umane. Visionario lo è fino a un certo punto, ma è molto legato al rispetto dei valori del gruppo, ed è forse quello che mi ha colpito di più, perché era molto giovane, alla prima esperienza fuori dalla Spagna e fu un qualcosa di incredibile da scoprire”.
De Rossi ha poi concluso: “Ciò che ti colpisce della finale è innanzitutto l’evento in sé, un qualcosa che da calciatore non ho mai vissuto. Lo vivo un pochino come un rimpianto, ho avuto una carriera a livelli alti, non ero lontanissimo ma evidentemente qualcosa mi è mancato. Stasera sarà un piacere vedere tante facce amiche, Gigio Donnarumma l’ho visto che era un bambino, e ancora oggi mi guarda con lo stesso affetto delle prime volte che parlavamo. Lo stesso Marquinhos venne a Roma che era piccolo, e poi Simone D’Amico, Luis Enrique. Mio figlio mi chiede per chi tifo, io rispondo che non tifo per nessuno: sarò contento per chi vincerà e mi dispiacerà per l’altra squadra, perché deve essere un dolore lancinante, calcisticamente parlando”.