Un anno e tre settimane. Tanto è durata l’esperienza romana di Florent Ghisolfi, che nella notte ha risolto consensualmente il contratto con la Roma lasciando il club proprio alla vigilia della sessione estiva. Un epilogo già scritto dopo settimane di tensione, culminate nella difficile gestione del rinnovo di Mile Svilar, sbloccato in extremis solo grazie all’intervento di Claudio Ranieri.
Un bilancio negativo
Arrivato tra scetticismi e incognite, Ghisolfi ha faticato a imporsi nelle complesse dinamiche italiane. Appoggiato inizialmente dall’ex CEO Lina Souloukou nei rapporti con stampa e agenti, il DS francese ha comunque lasciato la sua impronta sul mercato: oltre 100 milioni investiti, con colpi che non hanno ripagato. Dal discusso acquisto di Enzo Le Fée (acquistato a 23 milioni di euro dal Rennes poi rivenduto al Sunderland a gennio) a nomi come Soulé, Dovbyk, Dahl, Sangarè, Koné e Saelemaekers, quest’ultimo voluto da De Rossi.
Il caso Danso, rimandato al Lens dopo non aver superato le visite mediche e sostituito da Hummels e Hermoso a parametro zero, ha contribuito a minare la credibilità tecnica di Ghisolfi. In campo, i risultati sono arrivati solo con il ritorno di Ranieri in panchina.
I motivi della separazione
A pesare sul giudizio dei Friedkin non è stato solo il mercato, ma la gestione delle trattative chiave. L’affaire Svilar, vicino a rompersi nonostante l’indicazione diretta della proprietà per il rinnovo, sarebbe stato vissuto come un segnale d’inadeguatezza. Così come la fumata nera con il Milan per Saelemaekers-Abraham, o la mancata chiusura (entro il 30 giugno) della cessione di Angelino in Arabia Saudita, operazione che avrebbe avuto un impatto importante sul bilancio che chiuderà il prossimo 30 giugno.
Il futuro del dirigente potrebbe comunque restare in Italia: la Juventus lo osserva per il ruolo di direttore sportivo, nel nuovo corso targato Damien Comolli. A Roma, intanto, si riflette sul dopo-Ghisolfi.