Le prime sette giornate di Serie A hanno generato numerose polemiche riguardo l’operato della classe arbitrale italiana, a causa di decisioni controverse che sembrano riflettere una mancanza di uniformità nei giudizi. Episodi come i mancati rigori nei contatti Kyriakopoulos-Baldanzi in Monza-Roma e Bianco-Di Lorenzo in Napoli-Monza hanno scatenato reazioni tra tifosi e addetti ai lavori
Ai microfoni del Corriere dello Sport, l’ex arbitro Graziano Cesari ha analizzato il momento difficile degli arbitri: “Stiamo andando verso una situazione molto pericolosa perché vedo difformità di giudizio e variabilità di certe decisioni da parte dei direttori di gara. Si cambiano le valutazioni di stagione in stagione senza che le regole siano state modificate, faccio fatica a capire perché è stata presa questa piega. Per questa ragione rischiamo di andare incontro a un’annata con tanti errori, anche se spero di essere smentito già dalle prossime partite”.
Sulla mancata uniformità di giudizio: “Quando parlo di difformità mi riferisco proprio a quello. Eppure l’anno scorso il designatore disse che il gol dalla distanza di Piccoli, in Milan-Lecce, era da annullare per via del pestone su Thiaw. Si prende come riferimento tutto il piede o mezzo? Un’unghia? E con quale metodo si valuta precisamente l’intensità?“.
Sul contatto Kyriakopoulos-Baldanzi: “Il mancato rigore è qualcosa che non ha senso perché, oltre al pestone, anche con la gamba viene creato un danno all’avversario da parte del giocatore del Monza. Per tutte le persone di buon senso è calcio di rigore. La verità è che si sta esagerando, gli arbitri cercano di continuo l’auricolare, ma non so cosa cerchino in concreto. L’arbitraggio è fatto di istintività, di ciò che si vede in campo nel momento in cui il pallone sta rotolando. Si è persa la concezione dell’arbitro che decide“.
Sul mancato intervento del Var: “La domanda va posta ai diretti interessati. Io francamente non me lo spiego. C’è stato poco coraggio e quindi non si è voluta prendere una decisione. Però se non c’è il coraggio allora tanto vale non fare l’arbitro“.