Caso Bove, il professor Di Bartolomeo: “Serve un accordo internazionale”

Continua la questione relativa al caso Bove: a parlare della necessità di un accordo internazionale è stato il professor Di Bartolomeo, esperto in chirurgia cardiaca

Redazione Solo la Roma
Redazione Solo la Roma - La Redazione
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Non di certo una stagione da ricordare in casa Roma. I giallorossi, infatti, si trovano al quindicesimo posto, con soli due punti di vantaggio dalla zona retrocessione, e continuano a vivere un momento buio. A peggiorare la situazione, inoltre, è stato il grande spavento per quanto successo a Bove nel corso del match tra Fiorentina e Inter. Un malore improvviso che ha portato all’interruzione della gara che sarà recuperata a data da destinarsi.

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Nonostante quest’anno sia passato alla Viola, il grande legame di Bove con i suoi ex compagni della Roma rimane e la paura è stata tanta. Ma il peggio sembrerebbe ormai passato con il centrocampista italiano che dovrebbe sottoporsi a un’operazione per installare un defibrillatore sottocutaneo. Secondo quanto riportato da La Gazzetta dello Sport, infatti, il calciatore avrebbe aderito a quest’opzione che però non gli permetterà di rimanere in Italia a causa delle stringenti norme esistenti in merito a tale materia.

Dunque, Bove farà ritorno alla Roma per poi procedere ad un’eventuale rescissione del contratto, con conseguente possibilità di trasferimento all’estero. Un caso molto simile a quello di Eriksen e che lascia un vuoto enorme non solo nel panorama romano e romanista, ma anche in quello italiano.

Le parole dell’esperto

A parlare della situazione di Bove e più in generale della questione è stato il professor Roberto Di Bartolomeo. Queste le parole dello specialista italiano in chirurgia cardiaca al Corriere dello Sport: “Noi italiani siamo i più rigidi in assoluto e con la salute non scherziamo. Mettersi d’accordo a livello internazionale e nei casi meno gravi far decidere ai pazienti non sarebbe sbagliato. Diciamo che per il medico anche scaricare tutto sui pazienti non è il massimo perché noi vogliamo curare le persone e fare in modo che vivano però fa storcere il naso il fatto che in un posto si possa giocare e in un altro no”.

Ha poi continuato: “Gli atleti con defibrillatore non sono idonei all’attività sportivo-agonistica? In Italia non lo sono. Ricordate Kanu? Aveva un aneurisma dell’aorta ascendente e fu operato, gli fu salvata la valvola aortica. La parte dilatata è stata sostituita e non aveva una protesi meccanica, eppure dovette comunque andare in Inghilterra”.

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