È decisamente una Roma che si lecca le ferite quella di questo giovedì di inizio febbraio, consapevole di aver buttato via il primo obiettivo stagionale in quel di San Siro. Un 3-1 per mano del Milan che brucia non solo per il risultato, ma anche per un ingresso in campo pauroso, errori banalissimi e singoli sottotono, da Hummels e Dybala fino ad un Pellegrini dai numeri impietosi. In tali situazioni meglio rifugiarsi in ricordi più lieti, con Fabio Capello che ha ricordato lo scudetto del 2001 intervendo a Storie di Serie A.
Impossibile non sottolineare subito quella che fu la principale paura del tecnico in quella stagione: “Il pericolo maggiore di quel campionato fu l’invasione di campo all’ultima gara, a dieci minuti dalla fine, quando stavamo vincendo 3-1 col Parma. Nessuno ne coglieva il pericolo, se un tifoso avesse dato uno spintone o un pugno ad un giocatore del Parma avremmo perso la partita e il lavoro fatto. Credo di non essere mai stato così arrabbiato con i tifosi che non lo capivano”.
Discorso che in realtà Capello non dedica soltanto ai supporters della Roma ormai incontenibili: “Non soltanto i tifosi non lo capivano. Anche qualcuno che era in panchina con me non aveva capito niente. Io ero l’unico in mezzo al campo che urlava come un pazzo con degli improperi che non si possono decisamente ripetere. È andata bene, ma che fatica!”.
Dalle radio romane a Batistuta
Aneddoti e battute nella chiacchierata con Capello, che ha dato altri spunti interessanti su quella cavalcata verso lo scudetto del 2001: “È stato difficoltoso, perché le altre squadre erano molto competitive fino alla fine. Difficile anche per l’ambiente, visto l’entusiasmo che c’è a Roma quando si vince e il dramma quando invece le cose vanno male. Il problema sono le radio romane, che parlano di calcio tutto il giorno, su tutti i taxi, in tutte le case. Tant’è che nella mia prima conferenza stampa alla Roma dissi che con le radio dentro il raccordo anulare non avrei parlato, non rilasciavo interviste. Me le trovai tutte a favore”.
La svolta nella seconda stagione di Capello nella capitale arriva per un fatto ben preciso, individuato dal mister: “Riuscimmo ad ottenere un buon campionato il primo anno, nel secondo prendemmo Batistuta, perché capimmo che ci serviva un attaccante di peso e capace. Vincemmo lo scudetto meritatamente“.