Una carriera in giro per l’Italia per Valerio Verre, autore di 2 gol e 3 assist in 25 gare quest’anno con un Palermo in cerca del salto in Serie A, ma tutto iniziò in quella Roma dove è nato calcisticamente e non. Una sola presenza con la maglia giallorossa, ricordata così dal giocatore: “Dovevo partire titolare nella gara d’andata contro lo Slovan Bratislava (spareggi d’agosto Europa League 2011/12), ma in ritiro mi venne la febbre e non andai nemmeno in panchina. Un grande rammarico. Poi giocai solo uno spezzone al ritorno. Luis Enrique mi ha fatto esordire e gli sarò per sempre grato. Dopo Roma non ci siamo più sentiti ma lo seguo e tifo sempre per lui”.
Il passato in giallorosso è preponderante nell’intervista concessa a La Repubblica, ed è stato impossibile non tornare su un tormentone indimenticabile, l’audio di un tifoso che si lamentava del suo ingresso in quel match europeo: “Me lo ricordo bene. ‘Ventisei euro pe vedè Verre’. Ricordo ancora il giorno dopo, entro nello spogliatoio e De Rossi mi chiama. ‘Vieni qua, ti devo far sentire una cosa”. Ridemmo allora e ci rido ancora oggi. Anche perché non penso che quel tifoso ce l’avesse con me ma fosse arrabbiato per il modo in cui eravamo usciti dalla coppa”.
Dagli inizi alla Roma: “Feci un provino sotto gli occhi di Bruno Conti”
Come detto, esordio coi professionisti in maglia Roma e poi una carriera in tante realtà diverse, ma gli inizi sono stati da vero ragazzino della capitale: “La mia corsa è cominciata sotto casa, alla polisportiva Quarto Miglio, poi sono passato alla Real Tuscolana. All’inizio giochi per stare con gli amici, per divertirti. A 10 anni è arrivata la chiamata della Romulea, mi cercarono loro, mi vollero con tutta la loro forza”.
Il grande salto in giallorosso poi un qualcosa che Verre non può certamente scordare: “Mi chiamarono alla fine del primo anno con la Romulea, feci un provino con altri 40 ragazzi sotto gli occhi di Bruno Conti. Alla fine non ti dicono nulla, ma capisci se è andata bene. Per me fu un momento importante, era chiaro che non si trattava più di giocare sotto casa con gli amici di sempre”.