Roma boccheggia: la mappa del calore svela i quartieri più roventi (e quelli più vivibili)

Un viaggio tra i picchi di 57 °C sui tetti di capannoni e le fughe nei polmoni verdi della città: ecco come il verde urbano può salvare Roma dall’inferno climatico e perché serve una svolta ecologica immediata.

Deneb Antuoni
5 min di lettura

Estate dopo estate, Roma brucia sempre di più. E non si tratta di un’impressione o del solito refrain da bar: la Capitale sta attraversando una trasformazione climatica lenta ma inesorabile, in cui il caldo non è più un ospite di passaggio ma un inquilino stabile. A dirlo non sono i cittadini stremati dalle notti tropicali, ma i satelliti. E soprattutto lo studio di Legambiente Lazio, in collaborazione con l’Università La Sapienza, che ha scandagliato le superfici urbane della città per capire quanto e dove si surriscaldi davvero il suolo.

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Aree industriali come forni: picchi da deserto

Tra il 2014 e il 2024, l’asfalto e le coperture artificiali hanno trasformato alcune zone di Roma in veri e propri forni urbani. I dati raccolti dallo studio parlano chiaro: 57 gradi sul tetto del deposito ATAC di Grottarossa, 54° sul capannone Amazon in via Portuense, e altrettanti su Commercity, sempre sulla stessa direttrice. Non è il termometro che leggiamo al telegiornale: sono temperature al suolo, rilevate dai satelliti, che raccontano una città divisa tra chi cuoce e chi resiste.

Un pattern inquietante che si ripete: dove c’è cemento, logistica, asfalto e parcheggi sconfinati, il caldo si incanala e resta intrappolato. E lì, ogni giorno, migliaia di persone lavorano in condizioni climaticamente invivibili.

La mappa dell’afa: i quartieri più caldi

A guidare la classifica dei quartieri più bollenti c’è Ciampino, dove l’interazione tra la pista dell’aeroporto e il tessuto urbano spinge le temperature oltre i 47°C. A ruota seguono zone come Casetta della Mistica, Omo, Lucrezia Romana, Gregna, Appia Sud, Tor Sapienza, Romanina, Torre Angela, Giardinetti-Tor Vergata e Centocelle. Periferie spesso trascurate sul piano urbanistico, ma ormai sotto assedio climatico.

Dove si respira ancora: i quartieri “freschi”

Ma c’è anche una Roma che resiste. Una Roma più verde, dove gli alberi non sono solo un elemento estetico ma un vero e proprio sistema di raffreddamento naturale. Castel Porziano e Castel Fusano registrano temperature al suolo più contenute, attorno ai 35°C, grazie alle vaste aree boschive. Bene anche zone come Acquatraversa, Villa Ada e Trionfale, che si aggirano sui 38-39°C. Un dato che ribadisce una verità semplice: il verde urbano è la barriera più efficace contro il surriscaldamento delle città.

Disuguaglianza climatica: il caldo pesa di più sui più fragili

A lanciare l’allarme è Roberto Scacchi, presidente di Legambiente Lazio: “Ci sono zone di Roma dove il caldo ha superato ogni soglia di sopportabilità. Luoghi in cui le condizioni di vita e di lavoro sono diventate insostenibili, specialmente per le fasce sociali più fragili. Il paradosso è che chi vive in quartieri poveri è anche quello più esposto alla crisi climatica, con meno verde e più cemento.”

Un messaggio forte, che sottolinea come il cambiamento climatico non colpisca tutti allo stesso modo. La “cooling poverty” – ovvero l’impossibilità di accedere a zone e condizioni climaticamente più vivibili – è già una realtà per molti romani.

Verde e strategie: cosa si può (e si deve) fare

Il Comune prova a correre ai ripari. Nel Municipio I, ad esempio, si è deciso di avviare una sostituzione progressiva delle specie arboree con varietà più resistenti al caldo, come ulivi e aloe vera. Una misura che si inserisce in una strategia più ampia, ma ancora troppo timida rispetto all’urgenza della crisi.

Legambiente propone un piano radicale: stop al consumo di suolo, creazione di boschi urbani, rifugi climatici all’aperto e riconversione totale dei parcheggi a raso in aree fotovoltaiche. Un piano ambizioso ma non più rimandabile, soprattutto per una città che, come Roma, unisce le sfide della metropoli a quelle della fragilità infrastrutturale.

Il caso Garbatella-Don Bosco: la città giardino è più fresca

Un’ulteriore prova arriva dall’analisi termografica condotta da Legambiente tra i quartieri di Garbatella e Don Bosco. A parità di condizioni climatiche, la differenza tra le due zone è arrivata a sfiorare i 2,5°C, a favore della prima. Il motivo? La densità del verde. Garbatella, concepita originariamente come “città giardino”, è riuscita a mitigare meglio l’effetto calore rispetto a Don Bosco, quartiere più cementificato e con meno ombra naturale.

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