Ranieri rifiuta la Nazionale per amore della Roma: pioggia di critiche, ma al cuor non si comanda

Dopo il rifiuto di Claudio Ranieri alla Nazionale, il mondo del calcio si è spaccato in due: da un lato il fronte dei critici che attacca l'ex allenatore testaccino, dall'altro il fronte dei tifosi romanisti che ringrazia Sir Claudio per l'ennesima scelta di amore nei confronti della Roma.

Marco Di Rosa
8 min di lettura

Sul finire del ‘500 tal Enrico di Borbone, pur di diventare re di Francia rinunciò alla fede protestante pronunciando la celebre frase: “Parigi val bene una messa“. Oggi, quasi cinquecento anni dopo, quella stessa frase che testimonia quanto sia importante sacrificarsi per scopi più alti, potrebbe essere attribuita a Claudio Ranieri, trasformandola però in “La Roma val bene la Nazionale“. Perché per ogni tifoso romanista la Roma è il bene superiore e viene prima di tutto e di tutti.

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Ma d’altronde che ne possono sapere gli amici della FIGC di quello che i colori giallorossi rappresentano per un tifoso romano e romanista. Che ne possono sapere, tutti quelli che in questi giorni stanno criticando e bacchettando Sir Claudio, di quanto sia intenso il legame viscerale che lega la Roma e il suo popolo. Che ne possono sapere, loro, di un amore così incommensurabile visto che – almeno nel calcio – un’emozione del genere non l’hanno nemmeno mai sfiorata. Roma, la Roma e i suoi tifosi sono un mondo unico, atipico nell’universo calcistico italiano, inaccessibile a molti, che da fuori possono solo affacciarsi, guardare e borbottare il proprio malcontento. Si perché quando la famosa erba del vicino è davvero più verde della propria e risplende sotto al sole, allora l’invidia, non riuscendo a tacere, inizia a strillare. E pure forte.

I motivi del rifiuto di Ranieri

Immaginate per un momento uno scenario diverso da quello che poi si è verificato. Ranieri per salvare il calcio italiano dall’ennesima disfatta, accetta la proposta di Gravina e diventa il nuovo Commissario Tecnico della Nazionale. Elogi, grida di giubili, post sui social per ringraziare il nuovo salvatore della patria, prime pagine dei quotidiani sportivi, ripristino della monarchia con consegna di corona e scettro a Re Claudio I. Per fortuna Ranieri, uomo profondamente devoto alla repubblica, rifiutando la Nazionale ha detto no al trono azzurro. E i motivi per i quali la sua elezione non si è compiuta sono diversi.

Il primo è sicuramente in merito a quello del doppio ruolo, CT e consulente del Presidente Dan Friedkin, quindi della Roma. Difficile fondere questi due compiti in una sola figura, il conflitto di interessi sarebbe stato enorme. Non a caso, come riportato dalla Gazzetta dello Sport, durante gli impegni azzurri Ranieri non avrebbe potuto parlare di Roma. E viceversa. Oltretutto, a Trigoria non avrebbe avuto il permesso di partecipare agli eventi targati As Roma, o alle conferenze nelle vesti di dirigente giallorosso, in virtù del ruolo super partes che ricopre un Commissario Tecnico. Il secondo aspetto è stato, invece, quello dell’aut aut di Friedkin: o la Roma o la Nazionale. Niente vie di mezzo, niente piede in due scarpe, solo una scelta. E quella scelta è arrivata forte e chiara, perché alla fine il cuore di Claudio ha scelto l’amore di una vita intera.

Le critiche del puritanesimo azzurro

Come volevasi dimostrare, il rifiuto di Ranieri alla Nazionale ha scatenato una pioggia di critiche e ravvivato il puritanesimo azzurro, movimento che promuove – giusto quando fa comodo – la Nazionale come bene assoluto e primario del calcio nostrano. Il primo degno rappresentante è l’ex CT Arrigo Sacchi che ha tuonato – aprite bene le orecchie, amici giallorossi – in questo modo: “Non si può dire no alla Nazionale, è un dovere morale“. Certo, anche sancito dalla nostra Costituzione.

Il secondo esponente del suddetto movimento è il giornalista Fabio Ravezzani che non va per il sottile: “Da un uomo saggio di 73 anni ti aspetti più coerenza, ma Ranieri è coerente a giorni alterni, passa da concetti degni di un lord a insinuazioni tipiche del tifoso assolato in Curva Sud.” Curioso sentire Ravezzani parlare di coerenza, quando sul suo profilo “X” spicca la seguente frase: “L’intelligenza è capire le ragioni degli altri“. E anche capire quando sarebbe opportuno tacere, potremmo aggiungere.

Dulcis in fundo il giornalista Giovanni Capuano che, sempre su “X“, grida quasi allo scandalo: “Ranieri ci ripensa nel momento dell’emergenza creando molti più problemi (Ranieri eh?) di quanti già ce ne fossero. L’ex allenatore non ne esce benissimo da questa storia“. Il calcio italiano invece?

Al cuor non si comanda

Ricorderete le immagini dell’addio di Ranieri dopo Roma Milan della stagione appena terminata. L’allenatore, applaudito e acclamato da tutto il pubblico, prende il microfono e, affiancato dai nipotini, con voce rotta dall’emozione esclama: “Ricordo che più di 60 anni fa stavo là – indicando la Curva Sud con gli occhi lucidi – proprio in mezzo a voi“. Sta tutto in questa frase, molto probabilmente, il vero motivo per cui Ranieri ha rifiutato la Nazionale. Chi è nato e cresciuto con il giallo e il rosso addosso, fino al punto di farli diventare le uniche tonalità della propria pelle, difficilmente riesce a separarsene voltando lo sguardo da un’altra parte. Lo sappiamo bene noi, lo sa bene Claudio Ranieri.

E a niente è servito l’asfissiante e disperato pressing della FIGC e del Presidente Gravina – a proposito, quando le dimissioni? – perché, seppur Ranieri abbia vacillato – lecito di fronte alla chiamata della propria Nazionale – alla fine a prevalere sono stati i sentimenti più profondi e genuini, perché si sa, in certe occasioni al cuor non si comanda. L’ex tecnico giallorosso non voleva allontanarsi dalla sua Roma dopo averla ritrovata inaspettatamente quest’anno, ma soprattutto era inconcepibile voltare le spalle a chi, appena un mese fa, colorava un’intera curva di giallo e di rosso col suo nome a caratteri cubitali.

E allora quel “Grazie, ma non me la sento” inviato a Gravina dopo Italia-Moldavia, testimoniava tutto l’infinito attaccamento nei confronti della Roma. Ribadito anche il giorno dopo, prima in una nota ufficiale “Ringrazio il Presidente Gravina per l’opportunità, un grande onore, ma ho riflettuto e ho deciso di restare a disposizione della Roma, la decisione è solo mia“, poi tramite quei messaggi scambiati con Ivan Zazzaroni (pubblicati sui social col permesso dell’ex allenatore testaccino) in cui rimbomba fortissimo quel “voglio solo pensare alla Roma“. Il Direttore del Corriere dello Sport ha poi svelato un’altra sua domanda: “Che cosa ti blocca?” – ha chiesto incuriosito – “La coreografia della Sud – ha risposto Ranieri – loro si sono fidati di me, come faccio ad andare via?“.

Noi di te, caro Claudio, ci siamo fidati, ci fidiamo e ci fideremo sempre, perché sappiamo riconoscere chi prova davvero amore per la nostra squadra. Lo striscione apparso a Roma nella notte successiva al gran rifiuto, racchiude perfettamente la vicenda da poco conclusa: “Un uomo vale quanto la sua parola…Claudio Ranieri nostra bandiera“, firmato Curva Sud. E noi tutti non possiamo che sottoscrivere. Nostra bandiera, nostro vanto, nostro difensore. Ancora una volta grazie Claudio, di cuore.

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Sono Marco Di Rosa, diplomato al Liceo Classico e laureando in Storia Moderna e Contemporanea. Romano, ma soprattutto romanista da sempre. Raccontare la Roma non è soltanto un lavoro, ma un privilegio e una passione che spero di poter onorare al meglio, regalandovi, tifosi giallorossi, uno sguardo critico, profondo e sincero sulla nostra squadra. Perché dietro ogni cronaca, ogni analisi, c’è un cuore giallorosso che batte forte. Proprio come il vostro.
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