Certe storie non hanno bisogno di essere esagerate. Basta raccontarle. Come ha fatto Ruggiero Rizzitelli, ex attaccante della Roma, tornato a parlare della sua avventura in giallorosso in un’intervista ricca di spunti, nostalgia e orgoglio. Dalla passione ancora viva per il club a un ricordo che ha il sapore del destino: il giorno in cui, da titolare, lasciò il posto a un ragazzino di appena 16 anni. Uno che si chiamava Francesco. Cognome: Totti.
“Un certo Francesco”: così nacque una leggenda
28 marzo 1993, Brescia-Roma. Una sostituzione come tante, almeno sulla carta. Al posto di Rizzitelli entra un ragazzo della Primavera, all’epoca ancora un perfetto sconosciuto. Ma bastava vederlo un paio di volte in allenamento per capire che non era uno qualunque: “Lo chiamarono per completare le partitelle del giovedì – racconta Rizzitelli – ma chi cercava di fare il fenomeno, veniva subito messo a posto dai senatori: ‘Girati al largo, sennò ti spacchiamo’. Francesco invece no. Faceva tunnel, dribbling, se lo menavi, li rifaceva. E lì capivi che non era solo talento: era personalità, carattere puro.”
Un battesimo di fuoco tra i grandi, da cui Totti uscì come entrò: col sorriso e senza paura. Rizzitelli lo osservava, e già allora – tra una corsa e una battuta nello spogliatoio – si intuiva che quel ragazzino non si sarebbe accontentato di una comparsata.
Amore giallorosso: oltre il campo
Oggi Rizzitelli non è più in campo, ma il legame con la Roma è rimasto incrollabile. Anzi, se possibile si è rafforzato. “Quando ami qualcuno – spiega – c’è il bene e c’è il male. Ma se c’è amore, si va avanti comunque. Con la Roma è stato così.” Poi, continua: “Abito a Cesena, ma per sette anni ho lavorato per la tv del club. Ogni tre giorni prendevo e andavo a Roma. Una faticaccia? No. Per la Roma questo e altro. Ora sono un tifoso sfegatato, un vero ultrà. La maglia la senti dentro o non la senti affatto.”