Il calciomercato è diventato una dipendenza collettiva, un’ossessione socialmente accettata che si rinnova ogni estate. Come una droga legale, si consuma in dosi di “clicca qui”, “fonte attendibile”, “trattativa in chiusura”, alimentata da chi spaccia sogni in formato notizia e li vende a buon mercato in cambio di visualizzazioni. Scorriamo, aggiorniamo, viviamo con l’ansia da notifica attiva, alla ricerca del prossimo volto nuovo da vedere con la maglia della propria squadra.
Eppure, a Roma quest’anno l’effetto è mancato. A metà luglio, come ricordato nell’editoriale firmato LaRoma24.it, il popolo giallorosso è ancora orfano di un volto ufficiale da accogliere, da proiettare nel futuro. Non c’è stata ancora quella presentazione rituale capace di placare la fame da novità, nessuna stretta di mano immortalata, nessuna foto con lo stemma sul petto. E questo, in un’epoca dove anche l’illusione conta, è un fatto tutt’altro che secondario.
Il silenzio che pesa: una partenza in ritardo come mai prima
Dal 2000 ad oggi, la Roma aveva sempre inaugurato l’estate con almeno un acquisto ufficiale entro metà luglio. Anche solo per forma, anche solo per gettare un osso alla piazza affamata. Un parametro zero, un colpo minore, una mossa di scena: c’era sempre qualcosa. Quest’anno no. Quest’anno la Roma ha dovuto prima cambiare il timone, affidando a Frederic Massara la rotta del nuovo corso. Un cambio in corsa che ha di fatto impedito qualsiasi programmazione anticipata, soprattutto per i giocatori in scadenza al 30 giugno, quelli che normalmente si chiudono prima ancora dell’apertura ufficiale delle liste.
Il 22 maggio è la data chiave: Massara viene annunciato come responsabile dell’area tecnica. Ma quando il mercato si apre, il 1 luglio, la Roma ha in mano solo il giovane Sangaré, classe 2007, prelevato dal Levante. Un’operazione che più che rafforzare la rosa, sembra servire a riempire la pagina ufficiale e a dare una sagoma da seguire nelle prime immagini degli allenamenti.
I precedenti: quando bastava poco per riaccendere l’attesa
Le ultime estati raccontano un copione diverso. Nel 2023, Ndicka e Aouar erano già a Trigoria il 1 luglio, seguiti da Kristensen pochi giorni dopo. L’anno prima toccava a Matic e Svilar rompere il digiuno, ancora prima c’erano i nomi di Rui Patricio, Spinazzola, Pau Lopez, o addirittura l’intero pacchetto di “acquisti in batteria” del 2018: da Pastore a Zaniolo, da Mirante a Kluivert, quasi una squadra intera presentata nel giro di tre settimane.
E poi c’era stato il 2021, quando anche senza acquisti roboanti, bastò José Mourinho a tenere alta la temperatura. La notizia del suo ingaggio aveva riempito l’estate ancor prima che cominciasse, azzerando ogni necessità di annunci minori.
Nel 2020, nonostante lo sfasamento da Covid, i Friedkin si fecero subito notare con l’arrivo di Pedro ad agosto. Nel 2015, la prima parte di mercato fu dominata dal solo Iago Falque, ma fu solo la quiete prima della tempesta: tra fine luglio e inizio agosto arrivarono Szczesny, Salah, Rudiger e Dzeko. Un poker d’assi servito in ritardo, ma servito bene.
Una lunga galleria di prime volte
Negli archivi romanisti, ogni estate ha avuto il suo battesimo del mercato. Nel 2014 toccò a Iturbe, preceduto da svincolati di esperienza come Keita e Cole. Nel 2013 c’erano Jedvaj e Maicon, nel 2012 fu Dodò, nel 2010 esplose il caso Adriano, mentre nel 2009 toccò a Guberti rompere il ghiaccio. Gli anni più lontani ancora hanno nomi da nostalgia pura: Chivu, Mexes, Riise, Barusso, Guardiola, persino Batistuta nel 2000, ufficializzato il 6 giugno in un Olimpico carico di sogni.
In quei giorni, ogni annuncio era un evento. Anche quando si trattava di comprimari, o di nomi già noti. La novità era comunque una scintilla, una conferma, un segnale. Un gesto simbolico verso una tifoseria che vive di simboli.
La Roma di oggi: in attesa di un segnale
Ecco perché oggi questo silenzio assordante pesa di più. Non è tanto l’assenza di un nome in sé, quanto la mancanza di quella liturgia estiva che accompagna il romanista verso la nuova stagione. Non c’è ancora stato un volto da applaudire, né un comunicato da condividere. Solo il nome di Le Fée, ufficializzato il 10 luglio, ha acceso per un attimo i riflettori. Ma non è bastato a placare l’ansia da annuncio, quella voglia istintiva di vedere, sapere, immaginare.
Il mercato, si sa, si giudica alla fine. Ma il tempo delle sensazioni è adesso. E in un’epoca in cui anche l’illusione è parte dello spettacolo, la Roma si trova a rincorrere, ancora prima di partire.
Nel calcio moderno, dove la forma conta quasi quanto la sostanza, dove i tifosi vogliono emozionarsi anche solo per una foto con la sciarpa al collo, il silenzio non è mai neutro. È un messaggio. E la Roma, ad oggi, non ha ancora iniziato a parlare davvero.