Tramonta in silenzio l’era di Florent Ghisolfi, un’avventura durata meno di quanto ci si aspettasse. Una separazione che non sorprende nei modi, ma nei tempi sì: a poche settimane dal via della preparazione estiva, con Gian Piero Gasperini appena insediato e una rosa da rifondare, la Roma si ritrova senza direttore sportivo.
Un vuoto che pesa. Non solo per le operazioni di mercato, ma soprattutto per l’identità di progetto che il nuovo corso dovrebbe incarnare. Chi sarà il braccio operativo di Gasperini? Chi dovrà affiancarlo nelle scelte tattiche, tecniche, e soprattutto umane? Sono domande che a Trigoria non possono restare sospese ancora a lungo.
Un paradosso evidente
Il paradosso è evidente: mentre gli altri club trattano, vendono, pianificano, la Roma è ancora alla casella zero di un organigramma che andava ricostruito ieri. I Friedkin stanno valutando profili di livello, alcuni dei quali con esperienze internazionali, altri ben radicati nel calcio italiano. Massara, Giuntoli, Burdisso, Balzaretti: tutti nomi spendibili, tutti con caratteristiche diverse. Ma il punto, più che sul curriculum, è sulla compatibilità culturale con il nuovo ciclo romanista.
Perché quello che serve oggi alla Roma non è solo un esperto di trattative, ma un architetto con una visione. Qualcuno che sappia costruire non solo la rosa, ma un’idea chiara e sostenibile di squadra, in sintonia con i valori tecnici e caratteriali che Gasperini porta con sé.
E poi c’è il tempo. Quel tempo che nel calcio non si ferma mai, e che già oggi gioca contro. Ogni giorno senza un DS è una decisione rimandata, un’opportunità sfumata, un mercato che scivola via. Ed è per questo che, al di là dei nomi, servirebbe una scelta rapida ma convinta. Una scelta che non sia frutto dell’urgenza, ma della direzione. Perché il futuro della Roma si gioca anche (e soprattutto) nella stanza dei bottoni.
Ecco perché oggi serve più che mai un nome che sia più di una firma. Serve una guida. Serve una mente capace di immaginare la Roma tra sei mesi, tra due anni, tra cinque stagioni. Perché il campo, da solo, non basta. Ma senza chi lo costruisce, non c’è partita che tenga.