Le analogie tra i big match della Roma stanno diventando un tema ricorrente e inquietante. Anche nel derby contro la Lazio, finito 1-1 come una settimana fa contro la Juventus, si è rivisto un copione ormai familiare: un primo tempo rinunciatario, l’iniziativa lasciata all’avversario e una reazione che arriva soltanto dopo lo svantaggio. Una Roma a intermittenza, insomma, che fatica ad accendersi nei momenti cruciali e sembra accontentarsi appena riesce a rimettere le cose in pari. Un atteggiamento che, nel momento in cui servirebbe il salto di qualità per restare agganciati al treno Champions, fa più male che bene.
Il derby non è stato indimenticabile dal punto di vista tecnico, molto più acceso sul piano nervoso, tra simulazioni plateali, proteste e falli tattici a ripetizione. La cornice, quella sì da brividi, con la splendida coreografia della Curva Sud per Agostino Di Bartolomei. In campo, invece, la Roma ha dato ancora una volta l’impressione di non voler rischiare troppo, di volersi prima proteggere e poi, eventualmente, provare a colpire. Dopo il capolavoro di Soulé, che ha pareggiato il vantaggio iniziale di Romagnoli, la squadra si è praticamente fermata. Un punto che serve poco, che tiene in vita l’imbattibilità di Ranieri nella stracittadina ma che pesa ancora meno in una classifica che inizia a diventare complicata.
L’analisi del primo tempo: stallo tattico e poco ritmo
Ranieri ha sorpreso tutti con un 4-2-3-1 in partenza, speculare a quello della Lazio. Le coppie si sono formate in ogni zona del campo: Celik e Angelino con Zaccagni e Isaksen, Paredes e Koné contro Guendouzi e Rovella, Dovbyk isolato tra Romagnoli e Gigot, con Pellegrini a girargli intorno. Ne è nato uno stallo tattico, con pochissimo ritmo, interrotto solo da simulazioni e proteste.
La Roma ha rinunciato a qualsiasi pressing, si è chiusa dietro la linea della palla senza mai cercare di forzare una giocata. Il possesso è stato sterile, prevedibile, lento. Soulé largo per dare ampiezza con Saelemaekers dentro al campo, Pellegrini a cucire, ma con poca efficacia. Dovbyk, come spesso accade, è stato lasciato a sé stesso.
Nel primo tempo è stata la Lazio a rendersi più pericolosa, soprattutto su palla inattiva. La prima occasione è nata da una manata ingenua di Paredes di Zaccagni con la Roma in possesso palla. Romagnoli ha colpito indisturbato di testa su punizione di Isaksen, trovando un riflesso mostruoso di Svilar. I biancocelesti, senza fare nulla di straordinario, hanno capito che sugli esterni potevano far male, soprattutto a destra, dove Isaksen ha messo in mostra tutta la sua vivacità.
Il danese prima ha costretto Svilar a un grande intervento con un destro sul primo palo dopo un paio di dribbling in area, poi ci ha riprovato dalla distanza trovando ancora la risposta del portiere serbo. La Roma? Praticamente nulla da segnalare nei primi 45 minuti.
L’analisi del secondo tempo: la magia di Soulé salva Ranieri
Nel secondo tempo, dopo il cambio Paredes-Cristante, la Roma ha iniziato come peggio non poteva: al 47′, punizione laterale di Luca Pellegrini, Mancini perde la marcatura e Romagnoli di testa fa 0-1. Ancora una rete subita su palla inattiva, ancora una disattenzione difensiva pesante. A quel punto, la Roma si è finalmente svegliata. Al 54′ Mancini è saltato più in alto di tutti su angolo, ma Mandas si è allungato sul suo colpo di testa diretto sul secondo palo.
La gara si è infiammata ulteriormente e Ranieri ha mandato in campo Shomurodov per Pellegrini, aumentando il peso offensivo dell’attacco giallorosso. Complice un po’ di stanchezza, la Lazio ha abbassato il proprio baricentro dopo il vantaggio, mentre la Roma ha iniziato a macinare gioco e a prendersi campo. Al 65′ ci ha provato Celik con l’esterno, ma Mandas ha bloccato senza problemi. È servita una magia per rimettere tutto in equilibrio. L’ha tirata fuori Soulé, il migliore della Roma assieme a Svilar.
L’azione del gol è partita proprio dai piedi dell’argentino, che ha allargato sulla sinistra per Saelemaekers, che sfruttando la sovrapposizione di Angelino (decisiva per fare abbassare Isaksen, Guendouzi e Rovella) per guadagnare metri in velocità. Soulé ha ricevuto di nuovo palla sui 20 metri e ha disegnato un sinistro a giro che ha baciato la traversa e si è infilato in rete.
La partita sembrava girata, ma Ranieri ha tardato con i cambi mentre Baroni ne ha fatti quattro di fila dopo il gol (Pedro, Dia, Noslin e Belahyane) per dare energia nuova alla Lazio. Sir Claudio ha risposto con Baldanzi, Rensch ed El Shaarawy, entrati in campo solo tra l’84’ e l’88’. In questo lasso di tempo, Svilar è stato ancora decisivo: prima su un pasticcio di Ndicka che ha rischiato l’autogol, poi sulla ribattuta di Dia. La Roma ha rischiato grosso e non è riuscita a produrre nulla in avanti negli ultimi minuti. I cambi tardivi non hanno inciso, il pareggio è diventato un risultato accettabile.
Svilar Mvp, palle inattive e atteggiamento da rivedere
Mvp di serata, neanche a dirlo, Svilar. Sempre più una certezza tra i pali, sempre più decisivo e meritevole di rinnovo, che tutti ci auguriamo arrivi il prima possibile. Dietro di lui, Soulé, che nella ripresa ha fatto tutto, caricandosi la squadra sulle spalle, con il gol e accelerazioni continue sulla fascia.
Ranieri ha mantenuto la sua imbattibilità, ma l’atteggiamento è quello che preoccupa: la Roma entra in campo per non prenderle, reagisce solo se colpita, e questo limite si ripresenta puntuale contro ogni avversaria di livello. In tanti sembrano aver finito la benzina: Pellegrini non ha acceso la scintilla, Saelemaekers è evanescente, Paredes non ha mai dato ritmo. Mancini si perde l’uomo su palla inattiva.
E proprio i calci piazzati sono un problema serio. La Roma va regolarmente in difficoltà: ieri sono bastati una serie di blocchi (su Pellegrini, Celik e Dovbyk in occasione del gol) per mandare in tilt la difesa giallorossa, che ha rischiato praticamente su ogni palla da fermo. A Trigoria c’è ancora molto lavoro da fare su queste situazioni.
La Champions si allontana
La realtà è che, con una prestazione del genere, portare a casa un punto è quasi un risultato. Ma sono due pareggi di fila, contro Juve e Lazio, che lasciano la Roma a cinque punti dal quarto posto. E le giornate che mancano sono sei. La corsa Champions resta matematicamente aperta, ma per quanto visto contro le big, quando c’era davvero da dimostrare di essere pronti per il salto, il sogno sembra essersi già spento. Ora resta solo da capire con che spirito la squadra affronterà il finale di stagione. Perché l’Europa, almeno quella, va comunque conquistata.