Per i romantici del pallone, quelli che ancora si emozionano davanti a una maglia tinta di passione e priva di orpelli pubblicitari, la Roma senza sponsor centrale è quasi un regalo. Il rosso pieno, intenso, iconico, che torna protagonista senza loghi a spezzarne la sacralità estetica. Ma se sul piano simbolico può anche scendere una lacrima di nostalgia, sul piano economico la mancanza di uno sponsor frontale pesa eccome, e a Trigoria ne sono consapevoli.
Stake, un accordo sfumato sul filo di lana
Un’intesa, in realtà , sembrava già raggiunta. La Roma, nelle scorse settimane, era arrivata a un passo dall’accordo con Stake.com, azienda attiva nel settore del betting online e già ben visibile sulle maglie dell’Everton – altro club della galassia Friedkin – dove il logo campeggia al centro della divisa. I termini dell’intesa parlavano chiaro: circa sei milioni di euro per vestire le maniche di Dybala e compagni, con il ruolo di sleeve sponsor nella stagione 2025/26.
Tutto definito, almeno sulla carta. Ma il colpo di scena è arrivato a causa di un ostacolo normativo imprevisto. Stake, infatti, stava completando le pratiche necessarie per l’ingresso ufficiale nel mercato italiano del gioco e delle scommesse. Una procedura complessa, che richiede autorizzazioni precise e compatibilità con la regolamentazione nazionale. Qualcosa, però, si è inceppato all’ultimo passaggio, quando un cavillo burocratico ha bloccato tutto. Senza l’accesso al mercato italiano, la collaborazione con la Roma non poteva concretizzarsi.
Il presente (vuoto) e le mosse future
Il risultato, oggi, è sotto gli occhi di tutti. La maglia della Roma resta priva di sponsor principale e anche la manica – dove Stake avrebbe dovuto trovare spazio – è rimasta orfana di logo. A Trigoria si sta già lavorando per individuare nuovi interlocutori commerciali, consapevoli che ogni giorno senza un partner visibile è un mancato introito per le casse del club.
In un calcio dove l’equilibrio tra immagine e fatturato è sempre più delicato, la ricerca di uno sponsor è diventata una necessità tecnica quanto tattica. I Friedkin, da sempre attenti alla sostenibilità economica del progetto Roma, si muovono con cautela ma anche con ambizione. Perché una maglia, per quanto bella, da sola non basta più a tenere in piedi i conti.