Nata da appena un anno e già vincente. Potrebbe sembrare l’inizio della storia di una delle squadre italiane più titolate di sempre – magari una del Nord – ma invece è il racconto della nostra alba, l’alba della Roma, che in una calda e assolata domenica, quella del 29 Luglio 1928, alza al cielo con orgoglio il primo trofeo della sua gloriosa storia: la Coppa Coni. La competizione, fortemente voluta dalla FIGC a partire dal 1926, prevede la partecipazione delle quattordici squadre escluse dalle fasi finali della Divisione Nazionale (il campionato italiano), valide per l’assegnazione dello scudetto.
Nell’edizione 1927-1928 la Roma supera il girone eliminatorio (composto da 13 squadre a causa della defezione del Verona), confrontandosi con realtà di tutto rispetto come il Napoli, la Cremonese, il Pro Patria, il Novara e il Brescia. Dopo un lungo e tortuoso cammino, la Roma, allenata dall’inglese William Garbutt – primo allenatore giallorosso di sempre – arriva in finale, pronta a sfidare i “canarini” del Modena nella doppia gara di andata e ritorno. Ma, con grande sorpresa, le finali saranno addirittura tre. E sarà proprio l’ultima a sorridere alla Roma.
Finale di Andata: Roma 0-0 Modena
Domenica 22 Luglio 1928, ore 17:00. Al Motovelodromo Appio – il nostro primo stadio – va in scena la gara di andata tra la Roma e il Modena. Dagli spalti, gremiti da migliaia di tifosi arrivati da ogni quartiere della capitale per sostenere i giallorossi, partono i primi incitamenti che si fondono immediatamente in un un unico coro che sale ad abbracciare e ad incitare la squadra: “Roma, Roma!”. La formazione giallorossa scende in campo con Ballanti tra i pali, Mattei, Corbjons, Ferraris IV (C), Degni, Rovida, Maddaluno, Fasanelli, Bussich, Bianchi, Chini. Il nervosismo, però, taglia le gambe agli uomini di Garbutt, che giocano visibilmente contratti. Le aspettative di un popolo e di un’intera città iniziano improvvisamente a farsi sentire e il peso da sostenere diventa eccessivo. Ci vorrebbe un gol per scrollarsi di dosso le paure e le incertezze che solo una finale sa infondere.
I tifosi lo capiscono e alzano i decibel dei loro incoraggiamenti. Lo stadio è una bolgia e la Roma sembra prendere coraggio, ma la sfortuna nega la gioia della rete ai giallorossi, che per tre volte colpiscono i legni della porta avversaria. Il Modena si difende e prova a giocare di ripartenza, ma viene puntualmente fermato dalle manovre della mediana giallorossa, che però non incidono in fase offensiva. Nonostante i ripetuti tentativi dei capitolini e una prestazione sontuosa del capitano Ferraris IV – migliore in campo dei nostri – la partita, tra l’insoddisfazione e l’amarezza generale, termina 0-0. Tutto rimandato alla gara di ritorno. E la Roma, questa volta, sa di non poter sbagliare nulla.
Ritorno a Modena: 2-2 e rifiuto dell’ex-aequo
Il 26 Luglio al Velodromo Piazza d’Armi di Modena si gioca la finale di ritorno. Per molti, stampa compresa, sarà l’incontro decisivo per decretare la vittoria dei canarini. E sono proprio loro a passare in vantaggio dopo solo sei minuti grazie ad un gol di Piccaluga. La Roma però non si scompone, e a metà del primo tempo pareggia con un colpo di testa di Fasanelli. Si va al riposo in perfetta parità. Inizia la ripresa e il Modena spinge alla ricerca del nuovo vantaggio, che arriva dopo dodici minuti grazie ad un gol capolavoro in rovesciata di Alfredo Mazzoni (futuro calciatore giallorosso dal 1936 al 1938). Lo stadio esplode, i tifosi dei canarini sentono la vittoria in tasca e la coppa più vicina.
La Roma è sotto, sembra tramortita, quasi rassegnata. Ma è solo un’impressione, perché i ragazzi di Garbutt non ci stanno, non vogliono arrendersi e lasciare il sogno della Coppa agli avversari. Danno fondo a tutte le loro energie, attaccano a testa bassa, alla disperata negli ultimi minuti. Ed è quasi allo scadere che Ferraris IV, da capitano vero, prende per mano la sua Roma e la tira fuori dalle sabbie mobili: con un gran tiro da fuori infila il portiere modenese Brancolini e sigla il gol del 2-2. Non c’è più tempo, l’arbitro porta in bocca il fischietto e decreta la fine del match. Il secondo pareggio consecutivo può voler dire solo una cosa: spareggio finale per decretare la vincitrice della Coppa Coni.
Ma, incredibilmente, dopo la partita arriva una proposta singolare da parte del Modena, che propone alla Roma di assegnare il titolo ex-aequo. Il presidente romanista Renato Sacerdoti rifiuta l’offerta e la rispedisce al mittente con un telegramma eloquente: “Riteniamo che l’improvvisa sospensione del torneo, senza un incontro definitivo, danneggerebbe ed amareggerebbe gli sportivi della Capitale, che richiedono alla loro squadra un ultimo sforzo per raggiungere l’ambita meta. Perciò, benché il provato valore della cavalleresca avversaria ci faccia scendere in campo con qualche brivido d’ansia, preferiamo il leale combattimento all’assegnazione amichevole”. In poche parole, meglio perdere con onore che non provarci nemmeno. Forse è proprio in questo telegramma che è racchiusa tutta la filosofia romanista. L’ultimo verdetto spetta dunque al campo.
Spareggio epico a Firenze: trionfa la Roma
Questa volta ne Roma, ne Modena. Lo spareggio finale si gioca sul campo neutro di Firenze, al Velodromo Libertas. È il 29 Luglio 1928, una data destinata ad entrare di diritto nella storia romanista. A passare in vantaggio, questa volta, sono i giallorossi, entrati in campo col piglio giusto. Al ventesimo Maddaluno infila la difesa avversaria ed entra in area pronto a sparare a rete, ma viene atterrato da Sabbadini. L’arbitro, che è a due passi, fischia: rigore per la Roma. Dal dischetto Corbjons realizza l’1-0. Gli uomini di Garbutt sono avanti, ma il Modena non ci sta e inizia l’arrembaggio. Ad un minuto dalla fine del primo tempo il forcing dei canarini viene premiato e Manzoni insacca il pallone dell’1-1.
La ripresa, incredibilmente, è tutta modenese. Gli emiliani, rinvigoriti dal pareggio, attaccano e costringono la Roma a giocare quasi tutto il secondo tempo nella propria trequarti, ma la squadra giallorossa si difende stoicamente e non cede, arrivando indenne al triplice fischio. Di nuovo un pareggio, il terzo in sette giorni. Saranno i supplementari a decidere chi avrà la meglio. Dopo appena cinque minuti dal nuovo fischio d’inizio, Fasanelli serve in velocità Bussich, l’attaccante ringrazia e infila il portiere modenese. La Roma è di nuovo padrona del suo destino. Il Modena attacca a testa bassa, con orgoglio e disperazione, ma non serve più a nulla, perché i giallorossi non si fanno più riprendere.
Il triplice fischio finale è un urlo liberatorio che sa di gioia pura. Sugli spalti il Presidente Sacerdoti e Italo Foschi, si abbracciano commossi: la Roma, nata un anno prima grazie ai loro sforzi e alla loro passione, ha appena vinto il suo primo trofeo. È il 29 Luglio 1928. La gloriosa storia romanista è appena iniziata.