A Trigoria qualcuno le sta già rispolverando, quelle valigie ingombranti e familiari: sì, perché il ritorno di Tammy Abraham è più che mai realtà. O forse sarebbe meglio dire: un problema. E mica piccolo.
Doveva essere l’erede di Dzeko, il simbolo di una Roma internazionale, moderna, affamata. E invece, dopo il primo anno da urlo e la coppa al cielo a Tirana, il nostro Tammy si è trasformato in un rebus inesplicabile, un paradosso ambulante, un attaccante senza gol. Il tempo e la pazienza si sono esauriti, e quando in estate è partito in prestito al Milan nello scambio con Saelemaekers, in molti hanno pensato: “Finalmente una soluzione intelligente per entrambi”. Ma, come spesso accade nel mondo romanista, le previsioni restano un concetto teorico.
Già, perché oggi lo scambio appare sfumato come una promessa elettorale a primavera: Saelemaekers, dopo qualche sprazzo utile, non verrà riscattato dalla Roma. E Abraham, neanche a dirlo, tornerà al mittente giallorosso. E già, tornerà proprio da noi. Sì, da quella stessa Roma che aveva salutato con dichiarazioni poco carine e tanto entusiasmo per la nuova avventura milanese. Quel Tammy lì non è stato né rimpianto né atteso. Ma ora rieccolo, come un ex scomodo che bussa alla porta con le sue valigie e uno sguardo che dice: “Possiamo parlarne?”.
In realtà, a parlare potrebbe essere il Nottingham Forest. I tabloid inglesi sono già al lavoro e in estate potrebbero raccontare di un pressing forte, di colloqui avviati, di 40 milioni pronti a rientrare nelle casse romaniste come pioggia dopo il deserto. E a Trigoria – inutile nasconderlo – ci sperano eccome. Perché Tammy Abraham in Premier ha ancora un mercato, una fanbase, una credibilità. E la sfortunatissima stagione di Awoniyi, costretto a un lungo stop per infortunio, ha aperto uno spiraglio importante per gli inglesi.
Tutto risolto allora? Abraham va, la Roma incassa e tutti felici? Non proprio. Perché – mettiamo un po’ di pepe alla carbonara – molto dipenderà anche da chi siederà sulla panchina della Roma la prossima stagione. Se l’allenatore che arriverà vedrà in Abraham un progetto da recuperare, un talento ancora “lavorabile”, allora attenzione: lo scenario potrebbe ribaltarsi. Anche perché, diciamocelo senza ipocrisie, chi ha davvero convinto lì davanti quest’anno? Dovbyk, arrivato con grandi aspettative, non ha certo lasciato tracce indelebili. E chissà che, in un’estate di valutazioni e rivoluzioni, qualcuno non decida di puntare ancora una volta su Tammy. Magari non per nostalgia, ma per necessità.
Sì, perché la Roma è questa: una squadra che troppo spesso ha avuto bisogno di ricominciare da chi pensava di aver già chiuso il proprio ciclo. Una squadra dove le partenze certe diventano ritorni imbarazzanti. E dove ogni estate, più che un calciomercato, sembra di assistere a un remake della stagione precedente.
Abraham partirà davvero? Nottingham si presenterà con l’assegno giusto? Oppure Tammy, tra un gol in amichevole e un sorriso strappato alla critica, riuscirà a ritagliarsi un’altra occasione sotto il sole di Trigoria? Non abbiamo risposte certe. Ma una cosa è sicura: per lui, e per la Roma, questa estate sarà decisiva. Per evitare che il ritorno diventi solo un lungo, imbarazzante, inutile soggiorno fuori tempo massimo.