Ci sono storie che sembrano scritte con la penna dell’ironia e l’inchiostro del destino. Quella tra Claudio Ranieri e la Roma è una di quelle: romantica, imperfetta, ma dannatamente vera. Una storia da romanisti, insomma. E come tutte le migliori storie romaniste, si chiude con un colpo di scena che più simbolico non si può.
Contro il Milan, Ranieri siederà per la cinquecentesima volta su una panchina di Serie A. Ma sarà la prossima, quella contro il Torino, a diventare leggenda: la panchina numero 501, l’ultima della sua carriera. Fine dei giochi, stop al cronometro, sipario su una vita passata ad allenare.
E qui entra in gioco il genio del destino: 501, come la sigla che compare nel codice fiscale di ogni romano. H501: un marchio d’origine controllata, un timbro di appartenenza, un dettaglio burocratico che sa di famiglia. Ecco, Ranieri chiuderà la sua carriera proprio così: con 501 panchine, esattamente come il codice fiscale della sua gente. Un finale assurdo, inspiegabile, ma incredibilmente romantico.
Un condottiero di Testaccio
Ranieri non ha mai avuto bisogno di frasi a effetto o proclami da prime pagine. Gli bastava uno sguardo verso la Curva Sud, un applauso alla squadra sotto la pioggia, una pacca sincera sulle spalle di un ragazzo in difficoltà. È stato il volto pulito del calcio romano, l’uomo chiamato nei momenti in cui serviva calma, competenza e, soprattutto, amore.
Tre volte alla guida della Roma. Due volte nel momento del bisogno. Perché c’è chi arriva per vincere trofei, e chi arriva per evitare che tutto si sgretoli. E Ranieri, in questo, è stato un campione senza medaglie, ma con una dignità che brilla più dell’argento.
La partita contro il Milan non sarà soltanto una tappa europea decisiva. Sarà l’ultimo abbraccio all’Olimpico, quello vero, tra Claudio e il suo popolo. Striscioni, magliette celebrative, cori di ringraziamento: uno stadio intero si alzerà in piedi per salutare il mister come si fa con le leggende, con gli amici di lunga data, con quelli che, anche quando sbagliano, non riesci mai a criticare davvero.
Sarà come per Totti, come per De Rossi, come per tutti quegli addii che non sono mai veramente addii, ma solo promesse di eterno affetto.
H501, perché certi numeri non mentono
L’ultima contro il Torino non sarà una semplice partita. Sarà la panchina numero 501, l’ultima di una carriera straordinaria. E quel numero, che a molti potrebbe dire poco, a Roma dice tutto. È la cifra nascosta nel codice fiscale dei nati nella Capitale. È un segno di riconoscimento. È l’appartenenza. È Roma.
Ranieri smetterà proprio lì, con quel numero addosso. Non 500, cifra tonda e banale. Ma 501: come noi. Come la nostra gente. Come la nostra carta d’identità.
Non servirà alzare coppe o scolpire statue. Basterà ricordare l’uomo, il tecnico, il tifoso. L’ultimo allenatore romantico di una città che ha sempre bisogno di sentirsi amata. Claudio Ranieri lascia il calcio come lo ha vissuto: con eleganza, con umiltà e con quella piccola scintilla di magia che accompagna solo i veri romanisti.
Da oggi in poi, ogni volta che si leggerà quella sigla – H501 – in una fila all’ASL, in un modulo, in un documento, un sorriso spunterà. Perché ci ricorderemo che anche il nostro Mister ha chiuso il cerchio con quel numero addosso. 501 panchine. 501 emozioni. H come “Hai capito chi era”. 5 come le dita sul cuore. 0 come i rimpianti. 1 come Claudio Ranieri. Romanista per sempre.