Certe dinamiche sembrano cicliche, come flashback che tornano puntuali con altri volti, altri contesti, ma la stessa natura. E allora, chi ha vissuto l’epoca delle intuizioni geniali di Walter Sabatini, delle operazioni di fino, dei colpi da palcoscenico minore diventati protagonisti della scena, oggi ha rivisto qualcosa di simile. Non nella forma, ma nella sostanza. Perché a Ricky Massara, in queste prime settimane da direttore sportivo della Roma, è riuscita una mossa in pieno stile da maestro.
Con pazienza, riservatezza e una certa disinvoltura, ha portato a compimento la cessione di Tammy Abraham al Besiktas, trasformando un’uscita difficile in una plusvalenza da 6-7 milioni, più il risparmio dell’ingaggio e un segnale forte alla UEFA. Un’operazione che sa di equilibrio tra esigenza finanziaria e dignità tecnica, compiuta in un contesto non certo semplice, con il mercato già aperto e il margine di manovra ridotto all’osso.
Il peso di un’eredità scomoda: Massara al lavoro in corsa
A Trigoria nessuno si nasconde: Massara è arrivato con il mercato già avviato, a giugno inoltrato, ereditando una situazione intricata e frammentata. Ha dovuto mettere ordine in fretta, tra contratti pesanti, obiettivi da centrare e un equilibrio da ricostruire. Non ha avuto il tempo di studiare il sistema, ha dovuto saltare direttamente nella mischia.
In questo quadro, la scelta di non sacrificare titolari come Ndicka e Angeliño, nonostante fossero tra i nomi più richiesti, va letta come una presa di posizione chiara: cedere sì, ma non svendere. E così la strategia è ricaduta sul settore giovanile, da cui sono arrivati gli introiti utili a chiudere la prima fase senza colpi di scena traumatici. Una Roma che ha venduto con criterio, mantenendo intatta l’ossatura e guadagnando tempo prezioso per riorganizzare il futuro.
Ora tocca costruire: servono acquisti veri, identitari
Ma ora quel tempo è finito. Archiviata la missione plusvalenze, comincia la fase due. Quella che conta davvero per chi guarda il campo. Gian Piero Gasperini ha le idee chiare: vuole una squadra a sua immagine, aggressiva, verticale, con interpreti capaci di sposare il suo credo calcistico. Tocca a Massara tradurre tutto questo in nomi, contratti e scelte.
E qui si gioca la vera sfida. Perché se è vero che vendere bene è un’arte, costruire lo è ancora di più. Servono coraggio e visione, ma anche inventiva, perché il budget non consente voli pindarici. Servono colpi mirati, non solo compatibili ma funzionali. Profilazioni alla Gasperini, come si dice negli uffici di Trigoria. E soprattutto, serve farlo ora. Subito.
La Roma cerca identità , e Massara dovrà dargliela
La stagione non aspetta, e nemmeno il pubblico. Dopo anni di alti e bassi, tifosi disillusi e cambi in corsa, serve un progetto riconoscibile. Massara ha cominciato col piede giusto, ricucendo uno strappo profondo tra dirigenza e campo. Ora però si entra nel vivo, nella fase in cui i direttori sportivi si misurano davvero. La parte più difficile, ma anche quella che può consacrare o condannare.
Roma vuole voltare pagina, ma senza rifare da capo. Ricominciare significa scegliere, selezionare, mettere insieme il passato che funziona e il futuro che serve. Massara ha mostrato di saper smontare con equilibrio. Ora deve dimostrare di saper costruire con ambizione.