Il caso delle plusvalenze della Roma si fa sempre più delicato, con la richiesta di rinvio a giudizio da parte del pm Renata Cerasa nei confronti di James Pallotta e di cinque membri della vecchia dirigenza giallorossa. Le accuse principali, che riguardano falso in bilancio e violazione del testo unico dell’intermediazione finanziaria, mettono sotto i riflettori diverse operazioni di mercato tra il 2018 e il 2022, sollevando dubbi sull’accuratezza dei bilanci della società in quel periodo.
Gli imputati e le accuse
Gli imputati includono alcuni dei più alti dirigenti del passato recente della Roma: James Pallotta (ex presidente), Umberto Gandini (amministratore delegato fino al 2018), Guido Fienga (amministratore delegato dal 2019 al 2021), Mauro Baldissoni (ex direttore generale e vicepresidente esecutivo), Marco Malknecht (dirigente responsabile della redazione dei bilanci) e Giorgio Francia (dirigente preposto alla contabilità).
Secondo l’accusa, tra il 2018 e il 2022 la Roma avrebbe dichiarato 60 milioni di plusvalenze, mentre il reale valore di queste operazioni sarebbe stato di 39 milioni. La differenza contabile avrebbe avuto l’effetto di gonfiare artificialmente i bilanci, migliorando l’apparente solidità economica del club. Le operazioni sotto inchiesta riguardano:
La posizione dei Friedkin
L’attuale proprietà della Roma, rappresentata dalla famiglia Friedkin, non è coinvolta nelle accuse. Sebbene in una fase iniziale le indagini avessero toccato anche la gestione dei Friedkin il pm ha successivamente chiesto l’archiviazione per la nuova proprietà. Questo evidenzia una netta separazione tra le operazioni finanziarie del passato e la gestione attuale del club, che sembra essere estranea a qualsiasi irregolarità.