Una modifica all’apparenza tecnica, ma dalle ricadute potenzialmente profonde per il calcio italiano. Con il decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri, è stato infatti modificato l’articolo 26, comma 2, del Decreto Legislativo 36/2021: la durata massima dei contratti sportivi passa da cinque a otto anni. Una svolta che segna una nuova era per i club di Serie A e non solo.
Svolta epocale
Come spiegato dall’avvocato Mattia Grassani su Il Corriere dello Sport, la norma entrerà in vigore il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e apre a nuove strategie patrimoniali e gestionali. I club potranno blindare i propri talenti più a lungo, garantendosi stabilità tecnica e, soprattutto, vantaggi economico-contabili.
Con un contratto di otto anni, ad esempio, l’ammortamento del cartellino può essere spalmato su un periodo più ampio, riducendo l’impatto annuo a bilancio e offrendo margini di manovra più ampi sul mercato. Una mossa che mira anche a favorire gli investimenti e a evitare le cessioni forzate per motivi contabili.
Fair Play Finanziario: cosa prevede la normativa UEFA
Tuttavia, la rivoluzione normativa si scontra con le regole della UEFA. Dal 2023, per contrastare le operazioni “furbette” come quelle del Chelsea (che offriva contratti lunghissimi per aggirare i paletti del Fair Play Finanziario), la federazione europea ha imposto un limite di cinque anni per il calcolo dell’ammortamento a fini FFP. Anche in caso di rinnovo, la quota residua deve rientrare in tale periodo.
Il risultato? I club italiani potranno sì firmare contratti fino a otto anni, ma nei bilanci sottoposti al controllo UEFA dovranno comunque calcolare i costi su base quinquennale. Una doppia contabilità, insomma, che da un lato offre più flessibilità interna, ma dall’altro non cambia le regole del gioco europeo.