ll problema, forse, non è Artem Dovbyk. Il problema, forse, è ciò che la Roma ha immaginato di lui. E che oggi, a distanza di un anno, fatica a riconoscere. L’ucraino arrivò nella Capitale da capocannoniere della Liga, accolto come il finalizzatore che mancava, l’uomo capace di riempire l’area con fisico, fame e gol. Il suo nome accese le fantasie di un ambiente che, storicamente, ama i centravanti fisici, emotivi, battaglieri. Dovbyk sembrava tutto questo. E qualcosa, in effetti, lo è stato. Ma non è mai diventato il centravanti della Roma.
Numeri non da buttare, sensazioni da decifrare
Diciassette gol stagionali – dodici dei quali in Serie A – non sono un bottino da scartare. Soprattutto in una squadra che, nel complesso, non ha mai avuto un impianto offensivo brillante, né continuità nell’ultimo terzo di campo. Eppure, di Dovbyk resta un’impressione tiepida. Una sensazione di potenziale inespresso, quasi di distanza tra ciò che promette il suo curriculum e quello che racconta il suo impatto nella Roma.
Il giocatore ha avuto problemi fisici, è vero. Ma è anche mancato di quel carisma silenzioso che distingue i veri attaccanti da sistema. È sembrato più un corpo estraneo che un riferimento. E ora, mentre Gasperini costruisce la nuova identità tecnica della squadra, Dovbyk è ancora lì, fuori dal campo e fuori dal discorso tecnico. Un’assenza che pesa, più delle voci di mercato.
Il pressing del Besiktas e la soglia dei 30 milioni
Intanto, da Istanbul bussano con insistenza. Il Besiktas, dopo aver prelevato Tammy Abraham, vorrebbe mettere a segno il secondo colpo giallorosso. Non una suggestione, ma un interesse concreto, alimentato dalla volontà di tornare protagonisti in Turchia. L’exploit di Dovbyk in Liga resta una credenziale che conta, e il club bianconero potrebbe provare a tentare la Roma nelle prossime settimane.
Da Trigoria, però, il messaggio è chiaro: Dovbyk non è sul mercato, ma sotto i 30 milioni non se ne parla. Una dichiarazione che suona più come postura difensiva che come reale chiusura. Anche perché, oggi, il centravanti ucraino non è centrale nel progetto. E vendere bene chi non è nei piani può diventare una virtù, non una colpa. Soprattutto se già si fanno nomi per ipotetici sostituti, Vlahovic su tutti.
Una Roma che cambia pelle, ma non identità
Mentre si attende la firma di Wesley, e proseguono i contatti per Ghilardi, la Roma si muove tra uscite annunciate e innesti mirati. Sullo sfondo, il rebus di sempre: come dare forma a una squadra ambiziosa, coerente e sostenibile? Perché ogni scelta su chi parte e chi resta, su chi guida l’attacco e chi lo supporta, racconta un’idea di Roma. E allora forse è il caso di chiedersi se questa Roma, oggi, possa davvero essere quella di Artem Dovbyk. Oppure se sia tempo di lasciarsi, con rispetto, ma senza rimpianti.