C’è una narrativa che resiste, più per pigrizia che per realtà: “La Roma è in ritardo sul mercato”. Ma in ritardo rispetto a chi? Rispetto a quali modelli? Rispetto a quale idea di calcio? A guardare bene – e a contare, con ordine – la Roma è la squadra che si è mossa meglio in Serie A, seconda solo al Napoli, fresco campione d’Italia, che ha investito con forza per consegnare ad Antonio Conte una rosa da Champions e, chissà, per il prossimo Mondiale per Club.
I giallorossi, nel frattempo, hanno già chiuso cinque operazioni in entrata: Ferguson, El Aynaoui, Wesley, Ghilardi e il giovane portiere Zelezny. E in attesa di un’ulteriore pedina in difesa e magari un colpo a effetto davanti, Gasperini lavora con un gruppo che ha già volto e muscoli, non con uno spogliatoio vuoto.
Chi parla, chi fa
Altrove si continua a parlare. L’Inter si è limitata a piccoli aggiustamenti, non rivoluzioni. La Juventus, dopo l’anticipo di giugno utile solo per il Mondiale per Club, ha portato a casa David e Joao Mario, e si è fermata. Nulla di davvero strutturale. Il Milan ha smontato mezza rosa: via Theo, Reijnders, Camarda, Abraham (tornato alla Roma e subito ceduto al Besiktas), João Félix (rientrato al Chelsea). Dentro Ricci, Modric, Estupiñán. Un cantiere, più che una squadra.
La Lazio, invece, è di fatto bloccata dal mercato: zero entrate e cessioni rimandate, tra incertezze societarie e limiti noti. Niente è stato fatto, e si vede. L’Atalanta ha preso Juric in panchina ( che altro dire), la Fiorentina acchiappa Dzeko e recupera Sottil, senza scossoni. Tra le big, solo il Napoli ha fatto un mercato reale, portando a casa De Bruyne, Lucca, Lang, Beukema, Milinkovic-Savic. Ma il contesto è diverso: gli azzurri sono reduci dallo scudetto e avevano il dovere di rilanciare con forza per tenere il tricolore sul petto.
Una Roma che c’è
A Trigoria non si fanno proclami. Si lavora. Il nuovo corso targato Gasperini-Massara è partito subito. Il tecnico ha chiesto rinforzi per una rosa più intensa, più rapida, più verticale. E il direttore sportivo ha risposto con logica. Ferguson segna, corre, detta i tempi. El Aynaoui è già dentro la manovra, anche se l’ultima contro il Kaiserslautern ha di fatto dimostrato la stanchezza di un calciatore appena arrivato in una nuova casa. Wesley è un esterno a tutta fascia che piace ai tifosi (speriamo davvero), Ghilardi garantisce gioventù e fisicità. E non è finita.
Si è anche venduto con intelligenza: Abraham, rientrato dal Milan, è stato piazzato in Turchia, al Besiktas, per liberare spazio e risorse. Poi c’è Dovbyk che potrebbe andar via, si dice, per una cifra mai inferiore a 40 milioni. E, se così fosse, il preludio all’attacco parla già la lingua di un certo Vlahovic, di cui si fa un gran parlare e che, a conti fatti, rilanciato con le ambizioni di Gasperini potrebbe davvero far sognare i tifosi. La Roma sta disegnando una squadra già plasmata a immagine dell’allenatore, con una visione precisa e con i tempi giusti.
Non è il mercato a fare rumore. È il campo
Chi oggi sostiene che la Roma sia in ritardo, lo fa ignorando i fatti. Lo fa confrontandola con modelli vuoti, o con società che si muovono solo negli ultimi dieci giorni di agosto. Ma costruire una rosa non è un esercizio di fuochi d’artificio. È lavoro. Silenzioso, progressivo, concreto. Nonostante il rumore senza musica delle radio capitoline – tutte, nessuna esclusa – che, fino a pochi giorni fa, già parlavano di fallimento e oggi hanno bisogno di due mani per contare i nuovi innesti giallorossi. Cialtroni.
E quando inizierà il campionato, la differenza si vedrà. Anzi, si è già vista nelle prime uscite: pressing, verticalità, automatismi. Serve tempo, certo. Ma il tempo, a Roma, lo si sta usando per prepararsi, non per inseguire. Gasperini preme perché conosce Massara. Noi romani, forse, dobbiamo iniziare a comprendere meglio il nuovo direttore sportivo giallorosso, quello che fa il mercato, quello che ci darà ancora altre gioie. Non è una speranza, è già una certezza.