Nel cuore del mercato estivo, quando le trattative bruciano più del sole di luglio, l’Atalanta si prepara a salutare il suo gioiello più scintillante. Mateo Retegui è pronto a volare in Arabia Saudita, destinazione Al-Qadsiah, attratto da un ingaggio da capogiro e da una nuova vita lontano dai riflettori europei. Un addio che profuma di affare per la Dea – con quasi 70 milioni in cassa – ma che apre anche interrogativi profondi: che impatto avrà sulla Nazionale?
Una trattativa che segna l’ennesimo scossone per il calcio italiano, sempre più vittima del potere economico dei club arabi. In questo articolo analizziamo i dettagli della cessione e le possibili conseguenze sulle scelte di Rino Gattuso in vista del Mondiale 2026.
Plusvalenza record per l’Atalanta: quanto guadagna dalla cessione di Retegui
C’è un momento, in ogni favola, in cui l’eroe sceglie la via più facile. E Retegui, dopo una stagione da sogno, ha scelto la via dell’oro. L’Al-Qadsiah lo ha sedotto con una proposta fuori scala: contratto quadriennale da 20 milioni netti a stagione, bonus compresi. In cambio, l’Atalanta riceverà 68 milioni: una cifra mostruosa per un giocatore preso un anno fa a 21.
È l’ennesimo capolavoro della famiglia Percassi, capace di trasformare ogni intuizione in plusvalenza pura. L’italo-argentino, arrivato tra mille dubbi e accolto come tappabuchi per l’infortunio di Scamacca, ha conquistato Bergamo a suon di reti. Ma non resterà per diventare bandiera: se ne va, perché il calcio di oggi non fa sconti ai sentimenti.
Nel quartier generale della Dea, si prepara il futuro. Juric avrà Scamacca di nuovo integro, e intanto si studiano alternative: da Raspadori al giovane Daghim del Salisburgo, passando per l’opzione interna del falso nueve. Ma il buco lasciato da Retegui è profondo. Non solo tecnico. È la conferma che anche Bergamo, la fucina di miracoli, non è immune alla legge del più ricco.
Retegui in Arabia: cosa cambia per la Nazionale e il futuro dell’Italia
L’altro lato della medaglia è molto meno scintillante. Retegui era finalmente il centravanti che l’Italia aspettava: concreto, affamato, capace di segnare con regolarità . Nelle idee di Spalletti prima e Gattuso poi, era diventato centrale. E invece parte verso Khobar, lontano dai riflettori, lontano dalle notti europee, dai ritmi tattici e dall’intensità dei grandi campionati. Il rischio? Alto. Perché la Saudi League non è il teatro ideale per restare protagonista in una Nazionale in ricostruzione.
Certo, Cristiano Ronaldo ha fatto scuola, segnando anche a 39 anni dal deserto. Ma Retegui non è CR7, e il paragone non regge. E allora la domanda è semplice: vale davvero la pena barattare il sogno di un Mondiale con la sicurezza economica per dieci vite? A oggi, Gattuso lo convocherà . Ma per quanto ancora? E chi verrà dopo? Kean, Scamacca, Lucca… nomi che suonano bene, ma che in maglia azzurra devono ancora dimostrare il loro potenziale.
L’Italia perde pezzi, e stavolta rischia di aver perso l’uomo giusto al momento giusto. Quello che poteva riaccendere la passione, segnare nei momenti che contano, restituire orgoglio a una maglia troppo spesso calpestata. Invece, va a chi offre di più. Come tutti ormai. Come sempre più spesso.
E così, Retegui parte, lasciando dietro di sé una scia di gol e interrogativi. La sua cessione è lo specchio di un’epoca in cui le scelte non si fanno più con i piedi, ma con i conti. L’Atalanta incassa, la Saudi League rafforza il suo richiamo, mentre l’Europa si interroga su quanto a lungo potrà ancora trattenere il talento. In questa nuova geografia del pallone, il baricentro si sta spostando, e nessuno sembra più in grado di fermarlo.