Roma, l’ex ad Gandini: “La struttura attuale è valida anche senza Ceo”

L'ex ad giallorosso ha parlato anche dei Friedkin: "Sicuramente hanno fatto degli errori, alcune scelte azzardate come dare la squadra a Ranieri"

Redazione Solo la Roma
Redazione Solo la Roma - La Redazione
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Umberto Gandini, ex amministratore delegato della Roma, è tornato a parlare della sua esperienza in giallorosso ai microfoni di Radio Romanista: “Franco Baldini era molto legato a Pallotta e mi chiese se potessi valutare l’idea di venire alla Roma. Dissi subito di sì. Le differenze con il Milan sono state tantissime. Pensare che io sarei potuto essere considerato un amministratore delegato in quei tempi al Milan era fantascienza. Alla Roma sono invece riuscito a fare ciò che non avrei potuto fare in un altro contesto. È stato un percorso in cui siamo riusciti a trovare un linguaggio, lavorando molto anche per dare informazioni a Pallotta e ai rappresentati di tutti gli investitori“.

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È stata sicuramente una tappa felice – ha proseguito Gandini – quel biennio a Roma, abbiamo pensato in maniera globale in quel periodo, cercando di pensare un po’ di più anche come una grande società a livello internazionale. Io volevo pensarla proprio come una società grande che doveva sedere alla pari di squadre come Barcellona o Real Madrid. Perché aveva e ha lo status di questo tipo, non siamo riusciti a portarlo fino in fondo. Ho fatto delle cose che non sono state riconosciute dalla società e che hanno quindi portato a chiudere in anticipo con la Roma“.

Su Totti e Spalletti: “Sì io arrivai quando si era già deciso che quello sarebbe stato l’ultimo anno di Totti. Spalletti lo adoravo come allenatore e lo consideravo di una preparazione esagerato, l’ho trovato esattamente così. Però sì tra le cose che avevo notato c’era che lui andava in panchina in tuta. Non avevo nulla contro ma era riguardo l’immagine, con i rapporti commerciali che volevamo fare, che doveva essere con un allenatore ben vestito. Lui non mi diede mai ragione ma un giorno a sorpresa iniziò ad indossare la divisa, e per me questo è il modo in cui lui ha riconosciuto l’importanza dell’immagine. Provammo a farlo firmare e a rinnovarlo ma non ci fu modo, dall’altra parte Totti sapeva che quello sarebbe stato l’ultimo anno quindi dovevamo in qualche modo chiudere al meglio una carriera straordinaria. La sua ultima partita coincideva con la qualificazione in Champions ed è stato qualcosa di indimenticabile, uno dei momenti più belli della mia carriera“.

Sul perché il Totti dirigente non ha funzionato: “In queste cose c’è sempre un po’ un concorso di colpa, credo che per Francesco sia stato molto difficile staccarsi dal quotidiano. Lui si sentiva ancora parte dello spogliatoio, nel periodo in cui ero lì io gli dissi che il mio ufficio era aperto quando voleva per parlare. Però lui non accettava il fatto di dover intraprendere una nuova carriera, il fatto di non sentirsi realizzato e di non avere responsabilità che lui domandava continuamente lo hanno portato a una decisione traumatica dal suo punto di vista. Probabilmente per Francesco sarebbe stato meglio un distacco più niente per poi ripresentarsi una volta smaltito il trauma della fine della carriera da calciatore“.

Sui Friedkin: “Si lamentavano anche di Pallotta che non era presente, ma non era un presidente assente. Il suo quotidiano era la Roma, le sue relazioni con la dirigenza con cui parlavo tutti i giorni erano molto forti quindi lui si informava, sapeva tutto. La presenza fisica non era poi così necessaria, vi garantisco che però era presente. I Friedkin li conosco poco, non abbiamo mai approfondito l’argomento Roma. Sono una proprietà diversa, l’investimento che hanno fatto nell’Everton dimostra che hanno una visione molto ampia rispetto a quella di altre proprietà. Sicuramente hanno fatto degli errori, alcune scelte azzardate come dare la squadra a Ranieri. Ci voleva molto coraggio a farla quindi chapeau per la scelta, così come il colpo di teatro che ci fu quando portarono Mourinho. Ecco lì l’errore è stato di lasciare troppo campo a Josè, di non affiancargli una vera e propria dirigenza. Ma quello che secondo me è mancato è stato il fatto di avere una società forte, ma ammetto che ora con Ranieri si nota molto meno“.

Sul futuro ruolo di Ranieri come consigliere: “Io ho vissuto Baldini che aveva un ruolo molto simile, aveva un rapporto con Pallotta non con la Roma. Un modo per gestire le relazioni, le capacità, le esperienze. Ora non ho idea di quale tipo di relazione ci sarà una volta che Ranieri smetterà di allenare, chiaramente molto dipenderà da quanto i suoi consigli verranno ascoltati, i valori e la mentalità che ha portato alla Roma di oggi“.

Infine, sul ruolo di Ceo vacante da settembre: “È singolare, ma nello stesso tempo è un segnale di peculiarità. È stato trovato un equilibrio che sicuramente sorprende da un certo punto di vista. Di nomi ne sono stati fatti tanti, si è arrivati a pensare che la scelta fosse stata fatta ma penso che si debba ammettere che la struttura attuale è comunque riuscita ad andare avanti“.

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