Ancora una volta al centro dell’attenzione mediatica c’è lui: Jose Mourinho. Giovedì 24 ottobre è andata in scena la sfida di Europa League tra Fenerbahce e Manchester United che si è chiusa sul risultato di 1-1. Una partita tranquilla fino a quando non è stato negato, dall’arbitro Turpin, un calcio di rigore alla compagine turca. Da quel momento è scattata l’ira dello Special One che si è fatto sentire protestando in maniera alquanto plateale e portando il direttore di gara ad estrarre il cartellino rosso nei confronti dell’allenatore portoghese. Una scena vista e rivista e che testimonia come sempre la grande esuberanza e il carattere spigoloso di un tecnico che nella propria mente porta con sé un solo concetto: vittoria.
L’Europa League, inoltre, sembra proprio non scendere giù a Mourinho che, se torniamo indietro nel tempo, era sulla panchina della Roma nella finale contro il Siviglia. Anche in quel caso lo Special One andò su tutte le furie per il mancato rigore concesso, il cui peso specifico era fondamentale per le sorti della partita, e per il rosso mancato a Lamela che in più occasioni ha rischiato senza mai essere sanzionato a dovere. Insomma questa competizione ultimamente non sorride al tecnico portoghese e nel post partita contro il Manchester United ha letteralmente deciso di sfogarsi a suo modo.
Queste le sue parole: “Quando lascerò il Fenerbahce andrò in una squadra che non gioca competizioni UEFA. Quindi se qualche club di Premier League, anche in fondo alla classifica, ha bisogno di un coach tra due anni sono pronto. E non voglio dire altro a riguardo”. Insomma dichiarazioni pesanti che fanno capire quanto Mourinho ne abbia abbastanza di arbitraggi ingiusti all’interno di competizioni europee dove il metodo arbitrale dovrebbe essere ancor più rigoroso e attento.
Una comunicazione che manca alla Roma
Forse in un momento delicato come quello che la Roma sta vivendo è giusto aprire una piccola parentesi. In un anno circa i giallorossi, infatti, sono passati dall’avere Mourinho in panchina a Juric. Una rivoluzione totale che ha lasciato per strada alcuni degli insegnamenti fondamentali dello Special One: la mentalità vincente. Un aspetto di primaria necessità, ma che la formazione capitolina ha completamente dimenticato.