In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Walter Sabatini ha parlato della Roma, concentrandosi particolarmente su Francesco Totti e sul grande punto di domanda relativo al fatto se riuscirà prima o poi ad avere un ruolo dirigenziale. L’ex direttore sportivo ha però così esordito, parlando di un suo possibile pensiero di ritornare a lavorare nella Capitale: “No, non credo di meritarla più. Ho tenuto sempre la squadra a livello di grande competitività in un momento storico delicato. Ma oggi la Roma ha bisogno di una macchina perfetta, una Ferrari. Io sono una Due Cavalli tutta bozzata”.
Sabatini ha poi parlato di Totti: “In lui non poteva non esserci egoismo, perché la vita lo ha condotto su quel sentiero e ce lo ha lasciato. E lui non ha avuto la forza intellettuale di liberarsi da una certa condizione. Non è mai riuscito a ragionare con il noi, ma sempre con l’io. La verità è che non gli hanno permesso di vivere: già a 17 anni non poteva uscire di casa. È sempre stato il Capitano, l’intoccabile. L’isteria che ho visto verso di lui è irriferibile e lui l’ha pagata con la solitudine. Ancora oggi è un ragazzo solo, tant’é che le cose che ha cercato di fare non è riuscito a farle”.
Sabatini: “I Friedkin sono dei cialtroni”
Riguardo la possibilità di un ritorno per Totti nel mondo del calcio: “Lo dico con convinzione, perché sono certo che abbia sensibilità e capacità di giudizio. Non gli posso riconoscere la cultura che serve per vivere nel branco, però penso che meriti di essere un dirigente della Roma, con un taglio tecnico, non amministrativo. E non quello che fa Ibrahimovic al Milan, che è una cosa troppo generica”:
Sabatini ha così concluso, criticando ancora la gestione dei Friedkin: “Gli devono dare un ruolo di responsabile del comparto sportivo: i mestieri si imparano. Però questi americani della Roma sono dei cialtroni, gente che non ha capito la città e il senso del possesso che ha la gente verso la squadra: una tifoseria come quella della Roma la devi conoscere, non puoi fingere che non esista, perché il Romanismo è un sentimento troppo potente, è una malattia”.