La carriera di Nicolò Zaniolo è un filo teso tra ciò che poteva essere e ciò che sta diventando. Un calciatore che, invece di illuminare stadi e serate, finisce sulle prime pagine per ciò che accade lontano dal pallone. I fatti di Viola Park sono l’ultimo episodio di una spirale negativa che dura ormai da troppo tempo. Quando il nome di un’atleta conquista i riflettori per fatti di cronaca più che per gesta sportive, è il segnale che il talento ha perso la bussola.
Da promessa della Roma a talento in crisi: la parabola discendente di Nicolò Zaniolo
Il calcio ha sempre avuto i suoi eroi incompiuti. Da Antonio Cassano a Mario Balotelli, il copione è sempre lo stesso: classe immensa, ma incapacità di restare centrati. Il destino di Nicolò Zaniolo sembrava poter essere diverso. Le doti non sono mai mancate: fisico, tecnica, piedi educati. Tutto il necessario per iscriversi all’élite del calcio. Quando l’Inter lo ha ceduto alla Roma nell’affare Nainggolan, in molti a Milano hanno storto il naso, convinti di aver scambiato un talento in rampa di lancio per un campione ormai in declino.
Gli inizi promettevano ben altro. Un esordio da sogno: Santiago Bernabeu, Real Madrid-Roma, titolare. Ci è voluto poco per capire che questa ragazzo, in effetti, qualcosa di speciale lo aveva. E anche la sua storia in giallorosso poteva esserlo. L’ultima grande gioia, la rete valsa il trofeo di Conference League a Tirana, il timbro che avrebbe dovuto segnare una nuova era. Ma quella notte resta tutt’oggi è rimasta un lampo isolato nel buio.
Il tempo logora tutto. Il rapporto con la Roma si spezza, si inasprisce, si consuma. E intorno a lui, un galleria di allenatori di prestigio: Di Francesco, Ranieri, Mourinho, Mancini, Spalletti, Gasperini, Palladino. Tutti hanno provato a guidarlo. Nessuno ci è riuscito. E a un certo punto, non si può certo dire che siano sempre gli altri il problema.
Galatasaray, Aston Villa, Fiorentina, Atalanta: tutti i flop di Zaniolo dopo la Roma
Dopo la fine dell’esperienza in giallorosso, per Nicolò Zaniolo c’è stato il vuoto. Il Galatasaray lo accoglie nel gennaio 2023. Sembrava essere un nuovo inizio. Nessuno si sarebbe aspettato l’ennesimo giro di giostra. Da allora tre prestiti, tre delusioni: Aston Villa, Atalanta, Fiorentina. In nessuna di queste esperienze ha lasciato il segno.
A Firenze, il fallimento è stato totale: 13 presenze, 462 minuti, zero gol, zero assist. Numeri impietosi che spiegano perfettamente perchè il club di Commisso abbia deciso di non confermarlo.
Prima ancora l’Atalanta. Il clima ideale per ripartire, per di più sotto un tecnico come Gasperini. Eppure, anche lì, rendimento insufficiente, scarso minutaggio e un atteggiamento poco convincente. 3 reti, 3 assist e 23 apparizioni non sono bastati per fare cambiare idea a nessuno. L’esultanza provocatoria contro la Roma? Solo l’ennesimo sintomo di un’inquietudine mai gestita.
Caro Zaniolo, senza mentalità il talento non basta
Gli infortuni ci sono stati, gravi e pesanti. Ma non possono più essere l’unico alibi di una carriera che sta scivolando via. Non si spiega altrimenti come, nonostante il fisico recuperato, Zaniolo non sia mai riuscito a trovare continuità con nessun tecnico. La testa, la mentalità, l’approccio al lavoro: tutto ciò che distingue un normale giocatore da un grande professionista.
Zaniolo è ora atteso al rientro al Galatasaray, ma solo per essere nuovamente spedito altrove in prestito. Un destino che si ripete. Cambiano i club, cambiano le maglie, ma il problema resta. E si chiama incapacità di evolvere.
Il tempo per cambiare c’è ancora, ma non è più molto. Nicolò ha davanti a sé l’ultima possibilità per riscrivere la sua carriera. Dopo, resteranno solo le frasi cominciate con “poteva” e “avrebbe dovuto”. Ma nessuno entra nella storia col condizionale.