C’è un momento, in ogni stagione, in cui le notizie di mercato smettono di essere soltanto voci e iniziano a diventare specchi. Riflessi di ciò che sei. Di ciò che vuoi essere. La Roma, oggi, è di fronte a quel momento. E le due storie che tengono banco – quella di Mile Svilar e quella di Angelino – vanno lette non come casi isolati, ma come due facce della stessa questione: la direzione che vogliamo prendere.
Futuro Svilar, tra attese e speranze
Svilar, 25 anni, reduce dalla miglior stagione della sua carriera, è ormai da mesi al centro dell’attenzione. Ha scalato le gerarchie con pazienza, ha risposto presente quando è stato chiamato in causa, e quando la Roma ha avuto bisogno di lui ha risposto con prestazioni, non parole. Quella con il Feyenoord, ad esempio, non è solo una partita da ricordare per le parate ai rigori. È il simbolo di un giocatore che ha fatto il salto. Non più “quello che veniva dopo Rui Patricio”, ma un numero uno vero, riconosciuto da tutti.
E quando sei un portiere giovane, affidabile, con margini di crescita e già protagonista in Europa, non puoi non finire nel mirino delle grandi. Il Milan è lì. Presente. Con un’offerta che rispecchia il valore attuale del ragazzo: 4 milioni a stagione, cifra che la Roma, al momento, non ha ancora formalmente eguagliato. Ma attenzione: questa non è solo una questione di soldi. È, prima di tutto, una questione di centralità, di progetto, di fiducia.
Svilar non ha mai espresso dubbi sulla Roma. Anzi, ha dato segnali forti. Non ha spinto per andar via, non ha rilasciato interviste sibilline, non ha flirtato con altri club. Ha atteso. Ha parlato sul campo. E ora aspetta che la Roma faccia la sua parte. Che gli dica, con i fatti, “tu sei il nostro portiere del futuro”.
C’è, pare, anche un ruolo informale di Claudio Ranieri, figura rispettata da tutti, che avrebbe contribuito a far avvicinare le parti. Un gesto che racconta molto. Di Ranieri, certo. Ma anche del peso umano che questa vicenda porta con sé. La Roma, insomma, è ancora in tempo per chiudere positivamente questa vicenda. Ma il tempo stringe. Perché le grandi squadre non aspettano. E perché non si può pretendere fedeltà a senso unico. Se credi in un calciatore, lo devi dimostrare adesso. Quando conta.
Angelino accetta l’Arabia? Ma come…
Dall’altra parte, in parallelo, c’è Angelino. Una vicenda diversa, ma non meno rilevante. Lo spagnolo, arrivato nella capitale quasi in sordina, ha conquistato la fascia sinistra senza fare rumore. Sempre titolare, sempre ordinato, spesso determinante nella spinta offensiva. È stato uno dei pochi volti realmente affidabili in un reparto storicamente ballerino. Non è un fuoriclasse, d’accordo, ma ha portato equilibrio, esperienza internazionale e continuità. Tre qualità che, in una Roma perennemente a caccia di stabilità, non dovrebbero essere sottovalutate.
Eppure, anche lui sembra pronto a partire. L’Al Hilal di Simone Inzaghi ha messo gli occhi su di lui, come alternativa a Theo Hernandez, e l’accordo con la Roma sarebbe praticamente chiuso: si parla di 25 milioni di euro, cifra importante per un calciatore preso solo una stagione fa. Angelino avrebbe già dato il suo ok. Tutto dipenderà da cosa farà il Milan con Theo. Un incastro internazionale, in cui la Roma gioca il ruolo di pedina intermedia. E questa è la vera domanda da porsi: vogliamo essere quelli che costruiscono, o quelli che subiscono?
Perché tutto questo, alla fine, non è solo calciomercato. È un bivio. È capire se la Roma vuole essere finalmente una squadra che trattiene i giocatori funzionali, che sa dire “no” quando serve, che riconosce il valore del lavoro silenzioso, e che non ha più bisogno di smontare ogni estate ciò che ha appena iniziato a funzionare.
Rinnovare Svilar, trattenere chi vuole restare e ha dimostrato di meritarselo, è un segnale. Cedere Angelino, se davvero ci sono alternative pronte e superiori, può essere un passaggio strategico. Ma svendere per necessità, vendere perché è più facile che costruire, questo no. Questo è ciò che dobbiamo evitare.
I tifosi romanisti sono stanchi di rivoluzioni che durano sei mesi. Hanno voglia di riconoscere volti, di legarsi a certezze, di credere in una squadra che non cambia pelle ogni volta che cambia stagione. Il mercato è appena iniziato. Le trattative saranno tante. Ma queste due, Svilar e Angelino, sono già rivelatrici. Perché ci dicono dove siamo, e dove vogliamo andare. E il futuro, per una volta, non lo decide il prossimo colpo. Lo decide come gestiremo ciò che abbiamo già.